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La pillola non risolve

Nonostante la fragile salute mentale degli adolescenti nel nostro Paese – aggravata dalla pandemia – il tasso di consumo di psicofarmaci in Italia resta tra i più bassi d’Europa.
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La pillola non risolve

Nonostante la fragile salute mentale degli adolescenti nel nostro Paese – aggravata dalla pandemia – il tasso di consumo di psicofarmaci in Italia resta tra i più bassi d’Europa.
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La pillola non risolve

Nonostante la fragile salute mentale degli adolescenti nel nostro Paese – aggravata dalla pandemia – il tasso di consumo di psicofarmaci in Italia resta tra i più bassi d’Europa.
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Nonostante la fragile salute mentale degli adolescenti nel nostro Paese – aggravata dalla pandemia – il tasso di consumo di psicofarmaci in Italia resta tra i più bassi d’Europa.
Nonostante i titoli spesso allarmistici e l’impatto della pandemia sulla salute mentale del Paese, il tasso di consumo di psicofarmaci in Italia resta tra i più bassi d’Europa. Nel 2021, mentre Portogallo e Regno Unito – due dei Paesi in cima alla classifica dell’utilizzo, insieme a Danimarca, Svezia, Finlandia e Belgio – hanno quasi raddoppiato i loro numeri, l’Italia ha registrato un incremento del 12%, tra i più bassi in assoluto. Questo dato sembra contrastare con l’aumento delle richieste di terapia psicologica, che supera il 40%. Senza dubbio gli italiani preferiscono fare ricorso alla psicoterapia piuttosto che ai farmaci: da una parte grazie alla grande tradizione psicanalitica del nostro Paese e all’eredità basagliana, dall’altra a causa della grande diffidenza per ansiolitici e antidepressivi che quella stessa cultura ha generato. Questo dato ha un aspetto virtuoso – sappiamo che la pillolina della felicità non esiste e, se esistesse, sarebbe paragonabile a una droga – ma anche uno più subdolo e meno scontato: molte persone, che dei farmaci avrebbero invece bisogno, li rifiutano a priori per un pregiudizio. È indubbio che la figura dello psichiatra da noi non sia particolarmente amata, tanto che in Europa siamo i fanalini di coda per numero di medici che scelgono questa specializzazione. Se lo psicologo, anche grazie ai film americani, è considerato un vezzo innocuo per borghesi danarosi, lo psichiatra resta il “medico dei pazzi”. Nonostante questo, c’è un dato che fa riflettere ed è quello dell’aumento delle prescrizioni ai minori di 18 anni. Per quanto si tratti di un incremento dell’11,6% – in linea coi dati nazionali – colpisce che a crescere di più siano state le prescrizioni di farmaci antipsicotici che, nell’anno della pandemia, registrano un +17%. In una fascia d’età in cui si cerca di evitare il più possibile il supporto farmacologico, il ricorso sempre più frequente a una classe di farmaci considerata ‘importante’ rispetto ad ansiolitici ed antidepressivi è la cartina tornasole della condizione in cui versa la salute mentale dei giovanissimi. Da un’inchiesta effettuata dal collettivo “Chiedimi Come Sto” su più di 30mila studenti delle scuole superiori, il 28% risulta soffrire di disturbi alimentari, il 14,5% ha avuto episodi di autolesionismo e il 64% ha problemi di insonnia o ipersonnia. Ma il dato che forse più di tutti fa riflettere è quello dell’apatia e della perdita di motivazione. Il 60% degli studenti interpellati ha dichiarato che negli ultimi due anni ha perso la voglia di fare ma soprattutto la motivazione al fare. Catapultati in un mondo incerto e depresso, in cui l’apparire è sempre più importante del fare, cresciuti da genitori che hanno perso quella funzione normativa fondamentale per permettere ai figli di opporsi e quindi crescere, questi ragazzi – senza più muri da abbattere ma ancora pieni di una rabbia generazionale che non sempre sanno dove dirigere – finiscono per implodere. Nel cercare frettolosamente una cura, si potrebbe pensare che una pillola possa essere la soluzione per evitare il peggio. Ma non lo è, se non nel breve periodo. L’unica vera terapia a lungo termine è un ripensamento sincero di questa società liquida, in cui la perdita di ogni ruolo definito non è stata sostituita da una maggiore complessità ma solo da un’avvilente, dilagante superficialità.   Di Maruksa Albertazzi

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