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Lotta allo spreco: come capire se quel cibo si può mangiare ancora o no

Per la Giornata contro lo spreco alimentare Ilaria Ricotti di Too Good To Go ci spiega come leggere la vera data di scadenza dei cibi. Se sprechiamo di più la colpa è anche di supermarket sempre più esterofili.
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Lotta allo spreco: come capire se quel cibo si può mangiare ancora o no

Per la Giornata contro lo spreco alimentare Ilaria Ricotti di Too Good To Go ci spiega come leggere la vera data di scadenza dei cibi. Se sprechiamo di più la colpa è anche di supermarket sempre più esterofili.
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Lotta allo spreco: come capire se quel cibo si può mangiare ancora o no

Per la Giornata contro lo spreco alimentare Ilaria Ricotti di Too Good To Go ci spiega come leggere la vera data di scadenza dei cibi. Se sprechiamo di più la colpa è anche di supermarket sempre più esterofili.
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Per la Giornata contro lo spreco alimentare Ilaria Ricotti di Too Good To Go ci spiega come leggere la vera data di scadenza dei cibi. Se sprechiamo di più la colpa è anche di supermarket sempre più esterofili.
79 tonnellate al secondo. È questo il quantitativo astronomico di cibo sprecato in media in tutto il mondo e che finisce nei sacchi della spazzatura. ll 44% dello spreco globale si compone di cibo e scarto verde sia accumulato in fase di produzione degli alimenti sia in fase distributiva e di consumo finale. E dire che basterebbe così poco. Ce lo spiega Ilaria Ricotti, PR Manager di Too Good To Go, App fondata nel 2015 da alcuni giovani studenti danesi e diffusasi poi in 14 Paesi d’Europa oltre che Stati Uniti e Canada. Obiettivo primario: salvare il cibo e combattere così lo spreco alimentare e l’impatto negativo che ne consegue sull’ambiente. In Italia è stata lanciata nel 2019 in oltre 65 città e ha già permesso di salvare quasi 5 milioni di pasti. La Ricotti ci racconta come l’App si muova su due progetti diversi: uno commerciale e uno istituzionale. Il primo progetto crea un fil rouge tra consumatori e supermercati, panifici e alimentari di vario genere permettendo ai primi di prenotare “magic box” contenenti cibo che altrimenti resterebbe invenduto ad un prezzo quasi simbolico. Il secondo aspetto segue una linea prospettica ampia e coinvolge direttamente associazioni, istituzioni e consumatori per promuovere un cambio di rotta culturale definitivo. È lì, nel consumo finale, che risiede il nocciolo del problema. La lotta allo spreco alimentare è stata descritta da Project Drawdown  (ONG con sede in California che diffonde e promuove le 100 soluzioni per il climate change) come la soluzione n.1 per contrastare il cambiamento climatico e mantenere l’aumento delle temperature al di sotto dei 2°C entro la fine del secolo. Il raggiungimento di questo ambizioso quanto necessario obiettivo -formulato anche dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite- è possibile solo con l’impegno di tutti gli attori del settore, consumatori in primis.  I risultati più importanti sono stati raggiunti nelle campagne di sensibilizzazione all’etichettatura. Già, proprio quel piccolo rettangolo bianco a cui ci affidiamo nell’acquisto dei nostri prodotti. I consumatori non conoscono la differenza tra data di scadenza e termine minimo di conservazione, meglio noto come da consumarsi preferibilmente entro: – puntualizza Ricotti – il primo è un limite oltre cui quel prodotto potrebbe essere rischioso per la salute mentre il secondo è un’indicazione minima che, per altro, varia da Paese in Paese. Questa differenza è responsabile di uno spreco alimentare inquantificabile in termini economici ed alimentari. Un consumatore disorientato è un consumatore che spreca. Stiamo lavorando attivamente per apportare modifiche e migliorie significative del Regolamento sull’informazione sul cibo per i consumatori dell’UE. Oltre questo, proviamo a sensibilizzare aziende, scuole e consumatori sul tema del cibo come ricchezza. E purtroppo non inesauribile”. Quando gli scaffali dei supermercati che frequentiamo abitualmente sono stracolmi di cibo noi siamo felici ma l’ambiente, no. Quando gettiamo un frutto solo perché ammaccato e non perfetto, quando acquistiamo compulsivamente senza averne bisogno o abbandoniamo le buone e care “ricette della nonna anti-spreco” stiamo facendo un danno e dobbiamo saperlo. Se l’Italia – che ancora oggi è il Paese con la più forte cultura culinaria al mondo – sembrava quasi esonerata da qualsivoglia globalizzazione in cucina, negli ultimi anni le cose sono cambiate anche qui. I nostri supermercati pullulano di prodotti troppo belli, troppo colorati, troppo invitanti. In una parola troppo. Scaffali diventate vetrine succulente a cui è difficile resistere, copie esatte di quei market anglosassoni o statunitensi che un tempo guardavamo storcendo il naso e che adesso imitiamo a tutti i costi. “Le gioie del cibo” non si toccano. Ma se quel cibo finisce nel bidone dell’umido quello si chiama spreco. Altro che gioia.     di Raffaela Mercurio  

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