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Sanità – Rafforzare la prima linea

Oggi l’emergenza riguarderebbe il punto di riferimento del cittadino nell’intricata sanità italica: il medico di famiglia. L’approfondimento della Fondazione David Hume

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Sanità – Rafforzare la prima linea

Oggi l’emergenza riguarderebbe il punto di riferimento del cittadino nell’intricata sanità italica: il medico di famiglia. L’approfondimento della Fondazione David Hume

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Sanità – Rafforzare la prima linea

Oggi l’emergenza riguarderebbe il punto di riferimento del cittadino nell’intricata sanità italica: il medico di famiglia. L’approfondimento della Fondazione David Hume

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Oggi l’emergenza riguarderebbe il punto di riferimento del cittadino nell’intricata sanità italica: il medico di famiglia. L’approfondimento della Fondazione David Hume

La sanità ha sempre occupato un posto d’onore fra i temi maggiormente ricorrenti all’interno del dibattito pubblico, oggi ancora di più a causa della violenta pandemia che ha brutalmente messo a nudo le criticità del nostro sistema sanitario. Secondo i dati diffusi nell’ultimo rapporto sulla sanità, l’Italia risulta essere piuttosto scoperta dal punto di vista della disponibilità di medici, infermieri e assistenti alle cure in rapporto alla popolazione più a rischio da un punto di vista medico, ovvero gli over 65 e 75. Siamo ultimi fra i principali Paesi europei per quantità di personale sanitario in rapporto alla popolazione over 65 (88 ogni 1.000 abitanti) e ultimissimi se prendiamo in considerazione gli over 75. Questi dati sono dovuti sia all’età sempre più avanzata della popolazione italiana sia all’ormai allarmante mancanza di sanitari. In particolare, oggi l’emergenza riguarderebbe la prima linea di difesa della sanità, il punto di riferimento del cittadino nell’intricata sanità italica: il medico di famiglia.

L’anzianità media di servizio dei medici di famiglia (oggi Mmg, medici di medicina generale) è infatti decisamente elevata (circa 27 anni) e molti fra questi professionisti sono prossimi alla pensione. In questo senso, destano preoccupazione i ben 13.780 Mmg (circa il 34% del totale) che dovrebbero lasciare il lavoro nel 2025, dato che i nuovi medici in ingresso saranno poco più di 10mila e copriranno meno del 75% dei posti Mmg vacanti. A eccezione di Valle d’Aosta e della Provincia di Trento, dove ci saranno addirittura più Mmg che in passato, in nessuna delle restanti regioni italiane si riuscirà a estinguere la totalità dei posti rimasti vacanti. Sicilia e Lazio presentano in assoluto la situazione più preoccupante, in quanto più del 40% dei medici di medicina generale uscenti non sarà sostituito.

Il turnover del 2025 non è una sorpresa dell’ultimo minuto, ma un problema noto da tempo agli amministratori che si sono succeduti al vertice del Ssn. La soluzione scelta per far fronte a questa emergenza è stata quella di aumentare le borse di studio per la formazione dei Mmg. Negli ultimi due anni sono aumentate, passando dalle circa 1.300 del 2020 alle quasi 3.700 del 2022. Tuttavia, i dati illustrano l’evidente fallimento di questa strategia. Oltre a non essere numericamente sufficienti, le borse risultano anche poco attraenti agli occhi degli specializzandi per due ragioni: la prima è puramente economica, dato che offrono un reddito di circa 800 euro al mese contro i quasi 1.600 di tutte le altre specialistiche (anche se la borsa da Mmg offre degli indubbi vantaggi per le guardie mediche); la seconda è legata alla vita professionale del medico di famiglia, ritenuta eccessivamente stressante per via del grande numero di pazienti in carico e per la quasi totale assenza di ferie pagate.

La prima linea della sanità – che dovrebbe resistere all’urto dell’invecchiamento della popolazione – è dunque composta da veterani stanchi e stressati, mentre i giovani non hanno alcuna intenzione di sostituirli in trincea. Urge una nuova strategia per portare forze fresche.

A cura di Luca Ricolfi e Luca Princivalle (Fondazione David Hume)

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