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Cosa non vediamo nei famosi

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Chiara Ferragni e Fedez sono passati in pochi mesi dall’Olimpo alla cenere, dall’essere di fatto fra gli italiani più in vista e ascoltati del Paese a dei paria per tanti

Cosa non vediamo nei famosi

Chiara Ferragni e Fedez sono passati in pochi mesi dall’Olimpo alla cenere, dall’essere di fatto fra gli italiani più in vista e ascoltati del Paese a dei paria per tanti

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Cosa non vediamo nei famosi

Chiara Ferragni e Fedez sono passati in pochi mesi dall’Olimpo alla cenere, dall’essere di fatto fra gli italiani più in vista e ascoltati del Paese a dei paria per tanti

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Ne ho parlato ieri mattina a Mattino Cinque, su Canale 5, in uno spazio dedicato alla parabola dei Ferragnez.

Chiara Ferragni e Fedez, passati nel giro di pochi mesi dall’Olimpo alla cenere, dall’essere di fatto fra gli italiani più in vista e ascoltati del Paese e non solo a dei paria per tanti. E fra questi un bel po’ che fino al giorno prima erano pronti a imitare anche le più sciocche delle pose assunte nella multiforme attività social dall’influencer e dal marito rapper.

Un classicissimo caso, per certi aspetti, di balzo dal carro dei vincitori, dopo essersi accalcati in massa sul medesimo. Non è tanto di Chiara Ferragni o Fedez, però, che ho voluto parlare e che qui voglio approfondire, ma di noi.

Quando scrivo “noi“, mi riferisco al mondo degli adulti, perché ragazzi e giovani hanno rappresentato ovviamente un numero consistente dei fan nei lunghi mesi del grande successo, ma sono stati gli adulti, è stato il mondo del giornalismo e non solo a decretare il vero e proprio salto di qualità.

Io per primo, tanto per essere chiari, difesi la scelta di ingaggiare la Ferragni da parte del Museo degli Uffizi per generare interesse fra i ragazzi sulle inestimabili collezioni del museo fiorentino. Difesi quell’idea e la difenderei ancora, perché in quel momento Chiara Ferragni garantiva attenzione e numeri che poi il museo avrebbe dovuto dimostrare di saper sfruttare a dovere. Nulla di diverso, insomma, dall’ingaggiare un calciatore, un pilota o cantante.

Proprio a questo punto, però, tutti noi dobbiamo interrogarci sul perché non ci siamo fatti una domanda fondamentale: qual è il talento che ha consentito a personaggi di questo tipo di assurgere alle vette assolute della notorietà e di essere ritenuti meritevoli – per esempio – del palco di Sanremo, vale a dire dell’evento nazional popolare più importante d’Italia? Oltretutto con ruoli dichiaratamente “pensanti“.

La verità è che abbiamo contrabbandato la notorietà e la generica affermazione delle capacità comunicative con il talento. E insieme al talento, la fatica della gavetta, dell’esperienza costruita giorno dopo giorno, sconfitte e delusioni comprese. Abbiamo dato per buona la velocità sopra ogni altra cosa, senza chiederci se sotto i mille Ferragnez della nostra epoca ci fosse qualcosa.

Di questo, per quel nulla che vale, mi dichiaro responsabile: non aver ricordato a sufficienza che solo il vero talento è garanzia. Anche di saper affrontare le tempeste e ripartire.

Curiamo e coccoliamo di più quelli veramente bravi, quelli di cui avvertiamo la magia di un talento o di una capacità superiori. Perché è di questi che ci ricorderemo nel tempo, mentre gli altri svaniranno.

di Fulvio Giuliani

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