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“Fiuggi Guitar Festival”, Roberto Fabbri: “Tutte le sfumature della chitarra”

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È partito ieri fino al 20 luglio il “Fiuggi Guitar Festival”, ideato e diretto dal chitarrista e compositore romano Roberto Fabbri, con cui abbiamo scambiato quattro chiacchiere

“Fiuggi Guitar Festival”, Roberto Fabbri: “Tutte le sfumature della chitarra”

È partito ieri fino al 20 luglio il “Fiuggi Guitar Festival”, ideato e diretto dal chitarrista e compositore romano Roberto Fabbri, con cui abbiamo scambiato quattro chiacchiere

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“Fiuggi Guitar Festival”, Roberto Fabbri: “Tutte le sfumature della chitarra”

È partito ieri fino al 20 luglio il “Fiuggi Guitar Festival”, ideato e diretto dal chitarrista e compositore romano Roberto Fabbri, con cui abbiamo scambiato quattro chiacchiere

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Da ieri 17 luglio al 20 luglio, la città di Fiuggi, in provincia di Frosinone, si trasformerà ancora una volta nella capitale della chitarra con la diciannovesima edizione del “Fiuggi Guitar Festival“. Un evento che, anno dopo anno, è riuscito a conquistare un pubblico sempre più ampio grazie a un programma ricco di concerti, masterclass e incontri dedicati al mondo della sei corde.

Ideato e diretto dal chitarrista e compositore romano Roberto Fabbri, il Festival ospiterà anche quest’anno musicisti di fama internazionale accanto ad affermati chitarristi italiani. Più di venti concerti a ingresso gratuito, occasioni di formazione per i giovani talenti e un’atmosfera che unisce la passione per la musica con la bellezza del territorio.

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Roberto Fabbri per farci raccontare come nasce questo progetto, quali saranno le novità dell’edizione 2025 e cosa rappresenta oggi, per lui, il “Fiuggi Guitar Festival”.

Come nasce l’idea e qual è la visione dietro al Fiuggi Guitar Festival?

L’idea da cui nasce il Festival è proprio quella di far ascoltare tutte le sfumature e i linguaggi della chitarra, mettendone in evidenza la varietà. La chitarra è sicuramente lo strumento più suonato e venduto al mondo, ma spesso viene percepita solo come uno strumento d’accompagnamento.
Io vengo dalla chitarra classica e infatti il perno attorno a cui ruota il Festival è proprio questo strumento. Il nostro obiettivo è far capire che una sola chitarra può essere come una piccola orchestra: può accompagnare, cantare, emozionare, creare poesia e ritmo.
Fin dall’inizio ho voluto accostare generi diversi: il classico, il jazz, il pop, il fingerstyle, il rock, il flamenco e, novità di quest’anno, anche la musica brasiliana. Ogni serata diventa un piccolo viaggio, un percorso musicale che parte dalla classica e arriva ad altri linguaggi, passando magari per l’etnica o il flamenco. Questo incontro tra generi è per me una cifra fondamentale del Festival.

Un’occasione anche per chi conosce la chitarra solo per accompagnamento, magari sentita in TV, per scoprire tutto ciò che può davvero fare…

Esatto. Spesso, dopo i miei concerti, le persone mi dicono: “Non avrei mai immaginato che una chitarra potesse suonare tutto insieme: melodia, accompagnamento, ritmo, canto…”.
Per esempio, nel mio ultimo lavoro uscito per Sony, ho arrangiato alcuni brani di Lucio Battisti per chitarra e archi. Ma è la chitarra a fare tutto: è solista, accompagna, canta. Gli archi arricchiscono, certo, ma quei brani possono vivere anche solo con la chitarra. Ed è proprio questo che cerchiamo di raccontare al pubblico: la straordinaria versatilità di questo strumento.

Un’altra dimensione importante del Festival sono le masterclass. Cosa rappresentano per voi, oggi, questi momenti di formazione?

Le masterclass sono sempre state centrali. Quando abbiamo iniziato, quasi vent’anni fa, non c’erano i social e YouTube non era quello che è oggi. Non c’era modo di vedere i grandi chitarristi se non dal vivo. Poi è arrivato un periodo di “abbuffata” di video, dove sembrava che tutto fosse disponibile online…
Ma i giovani si sono accorti che, in quel tipo di fruizione, mancava una cosa fondamentale: il maestro che ti corregge. Il video può insegnare, ma non può dirti se stai sbagliando. Oggi il valore del contatto diretto con un maestro è insostituibile. Anche il video più perfetto non può equipararsi ad un insegnante che ti dice “fai così, correggi questo”.

E poi c’è il valore unico di ascoltare lo strumento dal vivo, che nessun video può restituire davvero.

Esattamente. La magia del suono dal vivo non si può spiegare. Già nell’Ottocento, Ferdinando Carulli – uno dei più importanti autori per chitarra classica – scrisse nella premessa a un suo metodo: “Nessun metodo, per quanto ben scritto, potrà mai sostituire un maestro che ti dice: fai così.” È ancora verissimo oggi.

A proposito di formazione, anche i concorsi sono un’occasione molto concreta per i giovani

Abbiamo concorsi aperti a tutte le età. Ai giovani finalisti assegniamo strumenti di alta qualità, come le chitarre Labra, mentre ai concertisti più affermati offriamo un’opportunità molto concreta: incidere un disco con l’etichetta DotGuitar e suonare in altri festival, anche all’estero.
In più, il vincitore si esibirà nella serata di sabato, quindi ha subito la possibilità di calcare un grande palco davanti al pubblico del Festival. È una vera occasione di visibilità.

Ho visto che anche le quote di iscrizione sono molto accessibili, rispetto ad altri concorsi

Cerchiamo davvero di venire incontro ai ragazzi. Sappiamo che oggi non è facile sostenere certe spese, quindi facciamo attenzione a non rendere il Festival un evento elitario. Ci teniamo a dare opportunità vere, non a mettere barriere.

E da Fiuggi, com’è stata la risposta in questi anni?

Devo dire che la città ha risposto sempre con entusiasmo. Fin dalla prima edizione, la municipalità ci ha sostenuti, e quest’anno anche albergatori e commercianti ci stanno dando una grande mano. Il Festival è anche un’occasione di turismo culturale, e noi ci teniamo a offrire serate gratuite, aperte a tutti, nella splendida piazza di Fiuggi Terme. Tre ore di ottima musica, ogni sera, a costo zero per il pubblico.

Il programma è molto articolato. Come nasce la costruzione di una line-up così ricca?

In realtà ci si lavora quasi ininterrottamente. Alcuni artisti li contattiamo con un anno, due anni di anticipo. Specialmente quelli che vengono da lontano, come gli Stati Uniti.
Io viaggio molto come concertista, e durante i miei spostamenti ascolto altri musicisti dal vivo, nei festival. Non mi piace scegliere solo da un disco: voglio vedere l’artista sul palco. Voglio conoscerlo, parlarci, capire com’è dal vivo. È un lavoro che nasce sul campo, girando e vivendo la musica.
Mi piace mettere insieme musicisti anche molto diversi tra loro. L’idea del contrasto mi affascina: come in certi salotti culturali parigini di inizio Novecento, dove si mettevano a confronto artisti di linguaggi opposti per generare stimoli nuovi. Voglio portare quello spirito sul nostro palco.

Hai un artista “sogno” che ti piacerebbe portare al Festival, prima o poi?

Sicuramente. Mi piacerebbe molto John Williams, che però ormai è molto anziano, oppure Tommy Emmanuel, ma lì il budget è una sfida. Chissà… magari per il ventesimo anniversario potremo realizzare qualche sogno in più!

Infine, volevo chiederti dell’Expo: anche questa parte del Festival è molto interessante

Oggi si compra molto online, ma manca spesso la possibilità di provare dal vivo uno strumento o sfogliare uno spartito prima di acquistarlo. Quando ero ragazzo, a Roma c’erano tanti negozi dove potevi toccare con mano le edizioni musicali, provare chitarre, confrontarti con i venditori.
L’Expo del Festival vuole recuperare proprio questo spirito: dare l’occasione di vedere le novità editoriali, provare strumenti, incontrare liutai ed editori. È un momento importante anche per chi ruota intorno al mondo della chitarra: appassionati, studenti, professionisti.

di Federico Arduini



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