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Furia ridicola e monologhi alti e bassi

La follia di Blanco: 120 secondi di rabbia accolti da una bordata di fischi dall’Ariston
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Furia ridicola e monologhi alti e bassi

La follia di Blanco: 120 secondi di rabbia accolti da una bordata di fischi dall’Ariston
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Furia ridicola e monologhi alti e bassi

La follia di Blanco: 120 secondi di rabbia accolti da una bordata di fischi dall’Ariston
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La follia di Blanco: 120 secondi di rabbia accolti da una bordata di fischi dall’Ariston
Scegliamo di partire dai due minuti di follia di Blanco: spettacolare manifesto di come si possa mettere a rischio un’intera carriera o macchiarla in modo indelebile per l’assoluta incapacità di gestire le proprie emozioni e un banalissimo incidente da diretta, come il mancato ritorno in cuffia. Partiamo dalla follia distruttrice del trionfatore del Festival dell’anno scorso (grazie al cielo solo i poveri fiori della Riviera sono stati devastati dallo stiloso cantante tramutatosi in un’imitazione delle mitologiche Erinni), perché c’è molto di più nel suo momento di sbrocco. In quei 120 secondi di rabbia ridicola, accolti da una sacrosanta bordata di fischi dall’Ariston, sono condensati tutti i successi ottenuti senza troppa consapevolezza, fatica, sudore, applicazione, rispetto del prossimo. Non stiamo parlando tanto di Blanco, che ha semplicemente perso la testa, ma quanto di un modo di immaginare la vita, il successo e il fallimento. Il ragazzo certo non se n’è accorto e tantomeno lo voleva, ma ci ha aiutato a vivere uno dei grandi rischi dei nostri tempi: credere che i trionfi o l’insuccesso siano determinati solo da fattori esterni e indipendenti dalla qualità, capacità, impegno e gavetta di ciascuno. È l’Italia che, se qualcosa non va, è sempre colpa degli altri, mai nostra. Istruttivo, come l’incredibile incapacità di chiedere semplicemente “scusa”. Prima della tempesta floreale, a rubare la scena era stata Chiara Ferragni, con il (finto) nude look e il suo monologo. Una lettera a se stessa bambina – inno all’autoreferenzialità più assoluta – che però merita di essere ascoltato e ripensato. Grazie alla forza del suo successo planetario e paradossalmente proprio per il suo essere priva di un talento definito, l’italiana più famosa al mondo ha avuto l’indiscutibile merito di “arrivare” a milioni di mamme, papà, figli e in particolar modo figlie. Con parole e immagini di una semplicità tali che sembrano uscite da ChatGpt, tanto sono prevedibili, ma che avranno “costretto” chissà quante famiglie a un confronto, uno scambio sulle differenze di genere, le scelte professionali delle ragazze, i loro sogni, le loro insicurezze. Certo, se parliamo di monologhi, la fortuna della Ferragni è di essere andata in onda due ore abbondanti dopo Roberto Benigni. Il premio Oscar ha raccolto l’ormai consueta caterva di insulti in rete, perché chiunque cerchi consapevolmente di volare alto – e lo sappia fare, non un dettaglio di questi tempi – dà fastidio a tante anime morte. Lui, intanto, nell’omaggiare la nostra Costituzione, ha ricordato gli orrori dei regimi liberticidi chiamando in causa Russia e Iran. Quegli altri urlano alla luna. Il Presidente Mattarella ha osservato compiaciuto, omaggiato senza dire una parola il tempio del pop (in senso lato) italiano e salutato la compagnia. Di Fulvio Giuliani

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