Il mio amico Marvin Gaye. Il ricordo del grande cantante soul
Percussionista, arrangiatore e produttore, Marvin Gaye – autore di brani di enorme successo – ha portato il soul a un’ulteriore evoluzione
Il mio amico Marvin Gaye. Il ricordo del grande cantante soul
Percussionista, arrangiatore e produttore, Marvin Gaye – autore di brani di enorme successo – ha portato il soul a un’ulteriore evoluzione
Il mio amico Marvin Gaye. Il ricordo del grande cantante soul
Percussionista, arrangiatore e produttore, Marvin Gaye – autore di brani di enorme successo – ha portato il soul a un’ulteriore evoluzione
Una delle hit più celebri del gruppo funk soul Commodores è “Nightshift” (1985), recentemente incisa anche da Bruce Springsteen. «Marvin, / he was a friend of mine»: la canzone è dedicata a Marvin Gaye e Jackie Wilson, scomparsi nel 1984. Gaye, in particolare, è stato uno dei mostri sacri della soul music e dell’R&B: assieme a Sam Cooke, Otis Redding e Aretha Franklin è nell’Olimpo della musica americana del Novecento. “Rolling Stone”, nella sua classifica dei cento migliori cantanti, lo inserisce in un lusinghiero sesto posto (un gradino più in alto di Bob Dylan).
Nato a Washington il 2 aprile 1939, figlio di un pastore della Chiesa ebraica pentecostale, Gaye pubblicò in vita una trentina di album – alcuni anche in duetto – e fu autore di brani di enorme successo. Da “What’s Going On” a “Inner City Blues”, da “Let’s Get It On” a “Sexual Healing”. Percussionista, arrangiatore e produttore, Marvin ha portato il soul a un’ulteriore evoluzione. Con il suo cantato sensuale (spesso utilizzava il falsetto) e con lo spessore testuale dei suoi pezzi, ha saputo mescolare il gospel al jazz e al pop. Raggiugendo sonorità di quiet storm e blaxploitation.
Oltre a dimostrarsi un eccellente interprete, Gaye è noto per l’impegno politico della sua musica. Prendiamo un disco del calibro di “What’s Going On” (1971). Da molti critici considerato uno dei primi concept. Addirittura al primo posto nella lista dei cinquecento migliori album redatta da “Rolling Stone” nel 2020. Nove tracce che raccontano con uno stile calcareo, senza falsi pudori, il Vietnam e i reduci di guerra. I soprusi sociali e la povertà. Il disagio esistenziale e la solitudine. L’ecologia. E il rapporto con la trascendenza.
Come confessò l’artista afroamericano in un’intervista rilasciata alcuni anni dopo: «Nel 1969 o 1970 iniziai a riconsiderare l’intero concetto di quello che volevo dire con la mia musica… Rimasi molto colpito dalle lettere che mio fratello mi mandava dal Vietnam, così come dalla situazione sociale qui a casa. Ho capito che dovevo lasciarmi alle spalle le mie fantasie se volevo scrivere canzoni che raggiungessero l’anima delle persone. Volevo che dessero un’occhiata a ciò che stava accadendo nel mondo».
Per comprendere la robusta consistenza dell’opera – dotata di un sound a flusso libero, un soul psichedelico – e la filigrana engagé basta scorrere i titoli: “Save the Children”, “God Is Love”, “Mercy Mercy Me (The Ecology)”, solo per citarne alcuni. “What’s Going On” è un disco di vibrante protesta: il tremore della controcultura e i fantasmi del malessere, l’idea di un’umanità misericordiosa, la fede e la preoccupazione per il futuro del mondo (sia a livello ecologico che in forma di appello per i bambini più sfortunati), l’amore quale unica salvezza. Così è detto nella lunghissima (oltre sette minuti) “Right On”, permeata di jazz fusion: «Il vero amore può sconfiggere l’odio sempre». Non esiste messaggio più bello.
di Alberto Fraccacreta
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Tag: musica
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