Roma caput mundi della disco
Roma del Piper Club, dei dj squattrinati, dell’edonismo figlio del boom culturale: tutto questo è “Roma Disco Playlist”, il libro-archivio scritto dai dj Colaizzi e Rizza
Roma caput mundi della disco
Roma del Piper Club, dei dj squattrinati, dell’edonismo figlio del boom culturale: tutto questo è “Roma Disco Playlist”, il libro-archivio scritto dai dj Colaizzi e Rizza
Roma caput mundi della disco
Roma del Piper Club, dei dj squattrinati, dell’edonismo figlio del boom culturale: tutto questo è “Roma Disco Playlist”, il libro-archivio scritto dai dj Colaizzi e Rizza
AUTORE: Raffaela Mercurio
Roma del Piper Club, dei dj squattrinati, dell’edonismo figlio del boom culturale, dei ‘lenti’ in cui potersi finalmente baciare: tutto questo è racchiuso in “Roma Disco Playlist” (VoloLibero Edizioni), libro-archivio scritto dai dj Cristiano Colaizzi e Corrado Rizza. Entrambi alla consolle ancor prima che diventasse di moda. Con oltre 200 playlist e un totale di 4mila brani, il volume è un viaggio nel tempo dal 1965 al 1995, un’epoca in cui «se ti avessero rubato la macchina, il dispiacere più grande sarebbe stato più per la cassetta di Marco Trani che avevi all’interno che per l’auto in sé» ha scritto Fiorello, fra i contributor del libro.
La pausa del Covid è stata per Colaizzi l’occasione di buttarsi in questa folle raccolta delle celebri C60, le audiocassette mai dimenticate con le registrazioni dei dj-set. «È stato un lavoro lunghissimo di ricerca e raccolta il cui crocevia è stato un gruppo Facebook in cui gli utenti si scambiavano ricordi dell’epoca. Da qui è venuta l’idea di raccogliere questo patrimonio che non parla soltanto di Roma ma di tutta la nostra cultura» ci racconta.
Tanti gli amici che hanno collaborato all’opera. Per esempio Carlo Verdone, il primo ad aver interpretato proprio un dj nel suo film del 1992 “Al lupo al lupo”. «Ha un ricordo vivido di quei tempi in cui mixava musica rock, tanto da aver voluto creare una playlist ad hoc per il libro. Ma è stato un onore avere fra i collaboratori anche Renzo Arbore, forse il primo che ha dato lustro a questo tipo di lavoro» aggiunge Colaizzi.
L’evoluzione professionale del dj sulla linea del tempo è evidente. Da figura nascosta nelle tenebre dei club – seppure unico regista di serate memorabili – a vera e propria star: «La tecnologia ha reso tutto più semplice ma si sono perse magia e artigianalità, quella piacevolezza di un giradischi e dei vinili conservati come tesori» racconta Corrado Rizza. La conseguenza più lampante di questo cambiamento è – per assurdo – una perdita di interesse verso la musica in sé: «Prima la discoteca era un luogo in cui ballare e farsi travolgere da ritmo e melodie. Certo, magari anche ‘rimorchiare’. Ma oggi è più un passatempo sociale, una vetrina in cui la musica funge da contorno».
La cultura, si sa, è fatta di corsi e ricorsi storici. Un esempio è il boom della “italo-disco” nelle melodie contemporanee. Alla fine, per Rizza, «le belle melodie ritornano sempre, soprattutto in momenti di stasi creativa come quello vissuto oggi dalla musica». Colaizzi aggiunge però un altro tassello: «Noi italiani siamo sempre stati esterofili. Forse soltanto adesso ci stiamo accorgendo dell’immenso patrimonio culturale del passato per riportarlo nel presente. Ma non sarebbe stato meglio proteggerlo all’epoca? Non certo come un koala in estinzione: sarebbe bastato evitare un eccesso di esterofilia controproducente».
Di Raffaela Mercurio
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