Skip to main content
Scarica e leggi gratis su app

Schena racconta “La grazia invincibile”, disco tra poesia e suono

|

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il cantautore bolognese Schena sul suo nuovo lavoro in studio “La grazia invincibile”

Schena racconta “La grazia invincibile”, disco tra poesia e suono

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il cantautore bolognese Schena sul suo nuovo lavoro in studio “La grazia invincibile”

|

Schena racconta “La grazia invincibile”, disco tra poesia e suono

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il cantautore bolognese Schena sul suo nuovo lavoro in studio “La grazia invincibile”

|

Un disco che è più di un album: è un dialogo con il tempo, con la parola scritta, con la natura, con la voce profonda dei poeti. Il nuovo lavoro di Schena “La grazia indicibile”, nasce dai testi di Ernesto Ragazzoni, Dino Campana e Antonia Pozzi, tre figure potenti e irregolari della letteratura italiana del primo Novecento, capaci di restituire al dolore un senso, alla natura una voce e all’esistenza uno sguardo laterale.

Nel disco, dieci poesie vengono trasformate in canzoni: un processo non scontato, che passa attraverso lo studio delle biografie, la scelta delle parole giuste da rispettare, e la costruzione di una trama sonora che sia all’altezza della potenza emotiva dei testi. Il risultato è un lavoro denso e vibrante, in cui i paesaggi interiori dei poeti si intrecciano con quelli esterni, in un alternarsi di conflitti e pacificazioni.

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Schena per farci raccontare meglio l’origine, lo spirito e le intenzioni di questo progetto

Come è iniziato il tuo percorso musicale?

Il mio rapporto con la musica è iniziato durante l’adolescenza. Suonavo in un gruppo di rock demenziale, quindi già da lì è iniziato un percorso, anche se molto diverso rispetto a quello cantautorale e poetico di oggi. In quella band suonavo il basso e scrivevo parte delle musiche, ma parallelamente avevo cominciato anche a scrivere delle canzoncine, verso la fine del liceo. Erano brani con un’impronta da cabaret, ironici, leggeri.

Poi, col tempo, ho iniziato a scrivere canzoni vere e proprie, spesso partendo da un singolo accordo suonato alla chitarra. Ho accumulato parecchio materiale e ho iniziato a esibirmi anche da solo, con un progetto personale. Dopo un periodo di attività abbastanza intensa, ho avuto una pausa lunga, di circa dieci anni, durante i quali non ho prodotto nulla dal punto di vista musicale.

Durante quel periodo ho lavorato, prima come libraio e poi come bibliotecario, quindi comunque sempre a stretto contatto con i libri. Quando ho deciso di tornare alla musica, ho ripreso in mano alcune delle canzoni scritte in passato con l’idea di farne un disco. Così è nato “Canzone a uso interno“, un progetto personale, che segna anche un nuovo inizio. L’ho realizzato con Irma Records, qualche anno fa.

Come è nato il progetto “La grazia invisibile” e in che modo si collega alla tua scrittura precedente?

Ho iniziato a lavorare in modo più diretto con la poesia, partendo da un autore che già avevo incluso in un brano del primo disco: Ernesto Ragazzoni. Da lì ho pensato di costruire un intero progetto musicale partendo proprio dalla poesia.

A Ragazzoni si sono poi aggiunti Antonia Pozzi e Dino Campana, figure che mi hanno colpito molto non solo per la forza dei loro versi, ma anche per le vite travagliate e per certi versi marginali. Non sono poeti da antologia scolastica, ma “poeti per necessità”, persone che hanno vissuto la poesia come unica possibilità di espressione. Campana, ad esempio, cercava rifugio nella natura e nella scrittura, in contrasto con l’ambiente ordinato e oppressivo del suo tempo. Pozzi, invece, viveva la sua sensibilità poetica in contrasto con una società che la voleva in un certo ruolo, e insegnava nei quartieri più poveri di Milano. Ragazzoni, infine, con la sua vena ironica e grottesca, è stato per me una scoperta affascinante.

Il lavoro è partito dallo studio approfondito dei testi. Ho letto le biografie, cercato di comprendere le loro esperienze di vita per calarmi meglio nel loro mondo. Ho musicato diversi testi, non tutti poi sono finiti nel disco. Molti di questi brani sono scritti in metrica libera, quindi adattarli alla musica ha richiesto interventi delicati: ho tagliato pochissimo, magari qualche parola, ma in generale ho voluto mantenere la fedeltà ai testi originali.

Ho cercato di dare musicalità ai ritornelli, spesso utilizzando strumenti (come fiati o archi) invece che parole, lasciando maggiore libertà alla parte di strofa. Il disco si apre e si chiude con due poesie che in realtà sono parti di un unico testo: un ciclo sulla trasformazione e la rinascita della natura, simboleggiata dal cigno, che è anche in copertina.

Com’è stato il processo di produzione e arrangiamento del disco?

Il disco è stato prodotto con William Duarte, musicista e produttore brasiliano, con cui ho lavorato un giorno a settimana per circa un anno. Abbiamo registrato molti strumenti e curato gli arrangiamenti con attenzione, cercando di evitare sonorità “alla moda” e puntando su una coerenza espressiva interna.

Ho collaborato anche con altri musicisti: Oscar Martín del Río alla batteria e Margherita Valtorta, voce femminile limpida che rappresenta, per me, la parte luminosa del disco. Margherita canta anche il brano finale, “La nuvola”, una trasfigurazione musicale e poetica che chiude il disco in modo sospeso e aperto.

Perché hai voluto dedicare il disco a Paolo Benvegnù?

Paolo Benvegnù l’ho conosciuto solo di sfuggita ma mi ha ispirato profondamente. Una volta mi ha persino dedicato un suo disco, e da lì è nata questa forma di gratitudine reciproca. Benvegnù è uno di quegli artisti che ha sempre cercato una coerenza poetica e stilistica, anche a costo di non adattarsi mai del tutto al mercato. È un riferimento importante, come lo è stato Claudio Lolli, cui ho voluto rendere omaggio con una citazione all’interno del disco

Porterai questo disco anche dal vivo? E in quale forma?

Sto già portando il disco dal vivo. Dopo il concerto di presentazione, ci sono state altre date e questa estate sarò in alcuni rifugi e teatri di montagna sull’Appennino, in contesti molto legati alla natura, coerenti con il tema del disco. In autunno sono previste anche date in biblioteche e contesti legati al mondo letterario, per creare un ponte tra musica e poesia.
Il live è una dimensione particolare per questo progetto, perché ogni brano è un racconto. Non è solo un concerto, è quasi uno spettacolo narrativo. Certo, ci sono io e la mia voce, ma ci sono anche le storie di Campana, Ragazzoni e Pozzi. È un atto di “furto gentile”, come mi piace chiamarlo: prendo in prestito le loro parole per cercare di restituire qualcosa, con rispetto, in musica.

di Federico Arduini










La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!

Leggi anche

27 Luglio 2025
Fabio Zaffagnini, creatore e direttore generale di Rockin’1000, ci racconta di quel desiderio dive…
27 Luglio 2025
“I Fantastici Quattro – Gli inizi” rilancia l’origine della prima famiglia Marvel con una visione…
27 Luglio 2025
La miniserie “Untamed” (disponibile da pochi giorni su Netflix) è un tipico murder mistery che in…
26 Luglio 2025
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Revelè sul suo singolo d’esordio “O Mar ‘O Mar”

Iscriviti alla newsletter de
La Ragione

Il meglio della settimana, scelto dalla redazione: articoli, video e podcast per rimanere sempre informato.

    LEGGI GRATIS La Ragione

    GUARDA i nostri video

    ASCOLTA i nostri podcast

    REGISTRATI / ACCEDI

    Exit mobile version