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Venezia80

Testa, cuore e politicamente corretto

Tutto è cambiato nel seguito di “Sex and the City”. Ieri il primo red carpet dell’80ªMostra del Cinema. Vorremmo poter godere della bellezza senza obblighi di applausi
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Testa, cuore e politicamente corretto

Tutto è cambiato nel seguito di “Sex and the City”. Ieri il primo red carpet dell’80ªMostra del Cinema. Vorremmo poter godere della bellezza senza obblighi di applausi
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Testa, cuore e politicamente corretto

Tutto è cambiato nel seguito di “Sex and the City”. Ieri il primo red carpet dell’80ªMostra del Cinema. Vorremmo poter godere della bellezza senza obblighi di applausi
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Tutto è cambiato nel seguito di “Sex and the City”. Ieri il primo red carpet dell’80ªMostra del Cinema. Vorremmo poter godere della bellezza senza obblighi di applausi
Guardavo ieri sera la prima puntata della seconda stagione di “And Just Like That”, il seguito del leggendario “Sex and the City” che ha intelligentemente portato nel III millennio le vicende sentimentali, sessuali e non delle iconiche amiche per la pelle della New York anni ‘90. Tutto è cambiato da allora, non solo perché in mezzo abbiamo vissuto l’11 settembre e un inizio di secolo all’insegna del terrorismo, dei conflitti, del sangue e della “guerra di civiltà“. Tutto è cambiato perché le tematiche, il linguaggio, i contenuti, i rapporti fra i sessi – che generarono il fortunatissimo plot della vecchia serie – sembrano irriconoscibili. Nella New York degli anni ‘20 del 2000 non possono mancare – in ordine sparso – la rappresentante dell’etnia indiana, ovviamente i personaggi di colore, l’altrettanto scontata presenza omosessuale (anche se francamente con accenti macchiettistici che lasciano abbastanza perplessi…) e il ‘carachter’ non binario. Ormai pressoché immancabile nelle grandi produzioni seriali americane, come ben saprà chiunque abbia seguito la splendida “This Is Us”. Il punto è trovare un equilibrio fra tematiche di grande interesse e destinate a occupare sempre più il dibattito pubblico anche di casa nostra e una certa artificiosità generale. La sensazione che determinati argomenti vengano spinti a forza nelle sceneggiature per rendere film e serie non tanto specchio dei tempi, ma inattaccabili da una critica ormai ossessionata dal politicamente corretto. Il dubbio è più che legittimo, dopo aver visto le recenti scelte di mamma-Disney con Sirenette di colore e via dicendo. Nelle stesse ore, a Venezia andava in scena il primo red carpet dell’80ª Mostra del Cinema con il consueto (e affascinante, almeno per noi) spettacolo di bellezza, eleganza, glamour e un pizzico di stravaganza. Stai lì a guardar sfilare le star, i loro meravigliosi vestiti e non puoi pensare quanto sia difficile trovare quel benedetto equilibrio che ci consenta di non rinunciare a tutto questo – compresa l’ammirazione per donne e uomini di una bellezza e di un fascino inarrivabili per noi comuni mortali – senza essere inseguiti dai forconi dei nuovi moralisti da un lato o dalle pulsioni di quel pezzo di società che oggi sembra sopportare anche meno di prima il “diverso”. Vorremmo, insomma, poterci godere la bellezza senza sentirci dare dei trogloditi e imparare qualcosa di nuovo da una bella produzione, senza dover applaudire per ‘contratto’ temi e personaggi trattati per dovere e senza cuore. Di Fulvio Giuliani

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