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Zerocalcare “strappa” un successo strameritato

“Strappare lungo i bordi” è la prima serie italiana animata su Netflix scritta e diretta dal fumettista Michele Rech, in arte Zerocalcare, capace di diventare la voce di un’intera generazione con un’ironia che sa far pensare.
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Zerocalcare “strappa” un successo strameritato

“Strappare lungo i bordi” è la prima serie italiana animata su Netflix scritta e diretta dal fumettista Michele Rech, in arte Zerocalcare, capace di diventare la voce di un’intera generazione con un’ironia che sa far pensare.
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Zerocalcare “strappa” un successo strameritato

“Strappare lungo i bordi” è la prima serie italiana animata su Netflix scritta e diretta dal fumettista Michele Rech, in arte Zerocalcare, capace di diventare la voce di un’intera generazione con un’ironia che sa far pensare.
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“Strappare lungo i bordi” è la prima serie italiana animata su Netflix scritta e diretta dal fumettista Michele Rech, in arte Zerocalcare, capace di diventare la voce di un’intera generazione con un’ironia che sa far pensare.
Fa ridere ma anche riflettere. Si dice così, quando anche davanti a temi seri, ci scappa pure un sorriso: “Strappare lungo i bordi” di Zerocalcare incarna perfettamente questo concetto. La prima serie animata del fumettista romano mette a nudo i suoi dubbi esistenziali – che sono poi quelli di chiunque – partendo dal racconto di lui da bambino. La trama si sviluppa intorno a un viaggio, quello che compie il protagonista Zero insieme ai suoi amici Secco e Sarah, figli di una generazione che si percepisce come marginale, inquieta, fuori posto, ma soprattutto anche assieme alla sua coscienza che assume la forma di un armadillo. Un viaggio di sei episodi da divorare uno dopo l’altro, fatto di ricordi, di rimpianti più o meno taciuti e di riflessioni sulla vita al limite del nevrotico, racchiuse nel titolo stesso della serie e che Zero spiega in un passaggio del primo episodio: “Noi andavamo lenti perché pensavamo che la vita funzionasse così. Che bastasse strappare lungo i bordi, piano piano seguire la linea tratteggiata a cui eravamo destinati e tutto avrebbe preso la forma che doveva avere”.

Spesso, infatti, cresciamo nella convinzione che la vita sia un sentiero lineare.

Quando invece qualcosa non va per il verso giusto e quel percorso prende un’altra direzione si resta spaesati, con una serie di interrogativi che lasciano quasi storditi. Gli stessi interrogativi sul mondo e sulla vita che il protagonista affronta con sarcasmo e monologhi dissacranti, servendosi di metafore apparentemente banali come la temperatura fredda sul treno. “Tu lo sai perché stai a continua’ a parla’ ossessivamente de sto freddo, sì?” – chiede la coscienza di Zero in romanesco sul treno per Biella. “Perché se no devo pensa’ a dove stamo anna’” risponde, racchiudendo tutta la tristezza a cui si assisterà nell’episodio finale. “Strappare lungo i bordi” non vuole riflettere sul senso della vita ma è la vita stessa. La serie insegna che non possiamo amare gli altri se prima non amiamo noi stessi, che dei ragazzi spesso non possono seguire il modello di una società che li vuole sempre pronti e conformati alle sue richieste e che è vero che la vita non è un percorso lineare, ma il bello sta anche nell’inciampare e cadere.

È vita stessa anche quando affronta il tema del suicidio.

E così, grazie alle digressioni temporali, ai flashback, ai dialoghi e alla trama stessa che contribuiscono a tenere alto il ritmo della narrazione, la serie entra a pieno titolo tra le migliori produzioni d’animazione per adulti, al contrario di prodotti decisamente meno riusciti come “Adrian”, la serie animata realizzata da Adriano Celentano e costata milioni di euro alla tv commerciale con scarsi risultati. Il prodotto di Zerocalcare, invece, segna un importante passo non solo per il mondo dell’animazione, che si apre a nuove strade creative, ma soprattutto per la società che riflette con un sorriso su temi di cui sembra si faccia ancora fatica a parlare.   Di Alessia Luceri

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