Claudio Ranieri è il nuovo allenatore della Roma
Il finale all’italiana, anzi alla romana di una sit-com all’americana di livello assai mediocre. L’arrivo di Claudio Ranieri sulla panchina della Roma
Claudio Ranieri è il nuovo allenatore della Roma
Il finale all’italiana, anzi alla romana di una sit-com all’americana di livello assai mediocre. L’arrivo di Claudio Ranieri sulla panchina della Roma
Claudio Ranieri è il nuovo allenatore della Roma
Il finale all’italiana, anzi alla romana di una sit-com all’americana di livello assai mediocre. L’arrivo di Claudio Ranieri sulla panchina della Roma
Il finale all’italiana, anzi alla romana di una sit-com all’americana di livello assai mediocre. L’arrivo di Claudio Ranieri sulla panchina della Roma
Il finale all’italiana, anzi alla romana di una sit-com all’americana di livello assai mediocre. L’arrivo di Claudio Ranieri sulla panchina della Roma, quindi di un romano tifoso della Roma e di un uomo di Roma – ma lo era anche Daniele De Rossi – si incarica di portare il club giallorosso fuori dalle sabbie mobili, al termine di un paio di mesi di assoluta follia nelle stanze del potere del club romanista, non solo per l’indecifrabile esonero di De Rossi, mandato via dopo quattro turni di campionato, un mercato zoppicante e soprattutto un contratto triennale vergato poche settimane prima.
Dunque, è Ranieri, è l’usato sicuro, è il parafulmine per un ambiente corrosivo, sull’orlo di una crisi di nervi giustificata da una classifica deficitaria ma soprattutto da scelte societarie senza capo e coda. Hanno scelto lui o forse era rimasto davvero solo lui, perché un pacchetto di tecnici di primo livello ha deciso di declinare l’invito ad assumere la guida tecnica, avvertendo il rischio di bruciarsi, come avvenuto a Ivan Juric in meno di 60 giorni. E il croato non è certo l’ultimo della pista in panchina.
Si spera che non sia l’unico provvedimento in casa Roma, perché la proprietà Friedkin ha mostrato il peggio che può arrivare da una proprietà straniera, da uno dei cosiddetti fondi di investimento, che hanno invaso il calcio europeo negli ultimi 15 anni.
Attenzione, i fondi non sono per forza il male del calcio o dello sport. Dipende dalla qualità del fondo, dal management del fondo e soprattutto dalla visione nelle scelte sul club. Appartiene da qualche anno a un fondo di investimento anche l’Atalanta, cioè a Stephen Pagliuca, a capo di un gruppo di investimenti e co-Chairman di Bain Capital (uno dei fondi più famosi al mondo), eppure i bergamaschi, con Percassi socio di minoranza, sono ben gestiti e non sbagliano una scelta. Allargando il campo visivo, appartiene a un fondo anche il Liverpool, al Fenway Sports Group, che detiene anche i Boston Celtics, e anche in questo caso si è di fronte a una gestione illuminata. Appartengono a fondi di investimento quasi tutte le franchigie del football Nfl e del basket Nba, che valgono sempre di più e producono dividendi per tutti.
Nel caso della proprietà texana a capo della Roma, si è pagata la distanza eccessiva dall’ambiente romano, la volontà di “de-romanizzare” la Roma e l’aver assecondato scelte nevrotiche di dirigenti che hanno sconfessato una linea d’azione battezzata da poche settimane. Per raddrizzare il tiro, ecco la scelta Ranieri, utile per compattare ambiente, umori, magari classifica, scongiurando una stagione come quella del Napoli della passata stagione o della Roma di 20 anni fa che stava andando in B con calciatori come Totti in rosa.
di Nicola Sellitti
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche