Dai cardinali ai parlamentari è tutto uno sbandierare
Oggi, in molte occasioni, l’atteggiamento ‘curvarolo’ ha preso possesso delle tribune e degli scranni non solo parlamentari

Dai cardinali ai parlamentari è tutto uno sbandierare
Oggi, in molte occasioni, l’atteggiamento ‘curvarolo’ ha preso possesso delle tribune e degli scranni non solo parlamentari
Dai cardinali ai parlamentari è tutto uno sbandierare
Oggi, in molte occasioni, l’atteggiamento ‘curvarolo’ ha preso possesso delle tribune e degli scranni non solo parlamentari
Dai cardinali ai parlamentari è tutto uno sbandierare. Premessa. Chi scrive è un appassionato di calcio, tifoso della Roma, attratto dal calciomercato, abbonato a tutte (ripeto: tutte) le piattaforme che trasmettono le partite. Ciò detto, vale la pena soffermarsi su un fenomeno in crescita che riguarda ambienti e settori variegati. Una sorta di voglia matta che non è tifare bensì dichiarare, sbandierandolo e gloriandosene, il proprio tifo per una qualsiasi squadra di pallone.
Già, la fede calcistica abbonda. E il sostantivo è adeguato perché, cominciando ad analizzarlo, riguarda il Vaticano. Il nuovo papa pare tifi giallorosso al punto da lasciarsi sfuggire un «Forza Roma» che manda in sollucchero i seguaci della Lupa: sui social la sua immagine si fonde con quella di Claudio Ranieri. Sembra che anche il cardinale Parolin, alla vigilia il più papabile di tutti, ami la Magica e guardi le sue partite. Di cardinali laziali non si hanno notizie. Il cardinal Zuppi, forse il più amato tra i porporati italiani, spiega che lui papa non può diventarlo se prima il Bologna non vince lo scudetto (a proposito: complimenti per la Coppa Italia vinta dopo 51 anni).
Se non bastasse, “il Resto del Carlino” informa che don Massimo Vacchetti, presidente della Fondazione Gesù Divino Operaio che si occupa del “Villaggio della speranza”, porta i tifosi in pellegrinaggio a San Luca. Chissà se prima o dopo averli portati a messa. Di papa Bergoglio si sa che era tifoso della squadra argentina del San Lorenzo de Almagro. Ce n’è abbastanza per immaginare che in Paradiso si svolga una edizione speciale del Mondiale.
Passiamo alla politica. Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha un occhio nero e l’altro azzurro: oltre che a Palazzo Madama, chi lo cerca può trovalo in tribuna a San Siro. Matteo Salvini stravede per il Milan e quest’anno ha vissuto molte amarezze. Passione condivisa da Jannik Sinner, numero uno del tennis mondiale. Camera e Senato pullulano di onorevoli club dedicati alle varie squadre e non è fantascientifico pensare che prima o poi nel corso di un voto di fiducia spunti qualche bandiera e/o striscione con annessi coretti di «Buuu».
Ebbene: perché tanta voglia di manifestare e far conoscere il personale tifo per questa o quella squadra? È un quesito che interroga il costume della società e può benissimo essere discusso tra il serio e il faceto. Eppure se è un atteggiamento che concerne personalità di così primo piano, magari diventa spia di qualcosa di più profondo. Una volta la politica e la religione (cattolica) erano assai più sobrie nell’esprimere le loro preferenze. Tutti sapevano, ad esempio, che Giulio Andreotti tifava Roma e che fu lui a portare Dino Viola al Senato. Ma era una modalità sussurrata, non certo da ultrà. Oggi in Senato vagola il presidente della Lazio, Claudio Lotito, che molti si divertono a immortalare mentre dorme durante le sedute.
Senza voler moralisteggiare – atteggiamento tra i più odiosi – è tuttavia un fatto che una volta politica e religione svolgevano un ruolo pedagogico per instillare sane abitudini e il rispetto di valori universalmente accettati. Adesso sembra che in molte occasioni l’atteggiamento ‘curvarolo’ abbia preso possesso delle tribune e degli scranni parlamentari, con risultati che è inutile commentare. Sui cardinali meglio non motteggiare, anche se mai come stavolta perfino il Conclave è stato trattato dai media come una partita sul campo verde. Conclusione: il tifo è bellissimo, meglio lasciarlo agli stadi senza straripamenti.
Di Carlo Fusi
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