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Gregg Popovich, coach e guru dell’Nba
Gregg Popovich, coach e guru dell’Nba
Gregg Popovich, coach e guru dell’Nba
Kawhi Leonard è una delle stelle Nba. Ha vinto un titolo nel 2014 con i San Antonio Spurs, poi è andato via dal Texas fra le polemiche. Leonard è in lunetta per i tiri liberi in Spurs-Clippers, il pubblico di San Antonio lo fischia. Entra in scena Gregg Popovich, il suo ex coach e mentore. Microfono alla mano, ferma il gioco e dice ai fischianti nel palazzetto: smettetela, noi non siamo così, facciamo giocare questi ragazzi. Questo è “coachPop”, questa è l’ultima delle storie che riguardano uno dei venerabili maestri dello sport americano, forse il più vincente. Ha costruito la straordinaria dinastia degli Spurs, edificata intorno a un totem come Tim Duncan, portando quattro titoli Nba e un paio di finali nella piccola cittadina del Texas (conosciuta prima dell’era “Pop” soltanto per l’Alamo), sfilando la ribalta a piazze ricche e glamour come New York, Boston o Los Angeles. Ha resistito al vertice praticamente per vent’anni, aprendo ai cestisti europei e ai sudamericani: per tutti, Tony Parker e Manu Ginobili. Ha anche il primato delle partite vinte nella Lega. Ha da poco rinnovato per altri cinque anni con gli Spurs: 80 milioni di dollari e pensione ampiamente posticipata. Assieme ad altri mostri sacri come Pat Riley (il costruttore dei Lakers dello “Showtime” degli anni Ottanta) e come Phil Jackson (sei anelli con Michael Jordan ai Bulls), nella storia c’è lui.
È un maestro “Pop”. Burbero e fine ideologo, con metodi a volte spiazzanti – come il silenzio polemico durante le short interview nel breve intervallo fra un quarto e l’altro delle partite – ma un maestro. Diversi campioni degli Spurs, fra cui Marco Belinelli, hanno raccontato aneddoti di un uomo che ha conosciuto il mondo, figlio di immigrati balcanici, studente dell’Air Force Academy e ufficiale dell’intelligence durante la Guerra fredda. “Pop” è uno studioso del mondo che non disdegna di far conoscere il suo pensiero. Politica estera, questione mediorientale, l’inginocchiamento degli atleti neri dopo l’omicidio di George Floyd. Atleti interrogati e confessati prima degli allenamenti e dopo le partite. Ha più volte criticato duramente Donald Trump (durante il suo mandato alla Casa Bianca) per le politiche sulle minoranze, si è espresso spesso e duramente contro la politica e le lobby sulla piaga delle armi facili negli Stati Uniti.
Non conosce mezze misure “Pop”, colleziona ammiratori (soprattutto) e haters, altre stelle come Lebron James non perdono occasione di esaltarne la grandezza. Per questo il bellissimo gesto nei confronti di Leonard – con cui pure non si era lasciato benissimo – non poteva che arrivare da lui. Da “Pop”.
di Nicola Sellitti
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