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Il calcio che fa finta di non vedere

Caso De Rossi – Souloukou: non possiamo sopportare un minuto di più lo sconcio delle rivolte finto popolari che debordano in minacce fisiche ai dirigenti

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Caso De Rossi – Souloukou: non possiamo sopportare un minuto di più lo sconcio delle rivolte finto popolari che debordano in minacce fisiche ai dirigenti

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Caso De Rossi – Souloukou: non possiamo sopportare un minuto di più lo sconcio delle rivolte finto popolari che debordano in minacce fisiche ai dirigenti

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Caso De Rossi – Souloukou: non possiamo sopportare un minuto di più lo sconcio delle rivolte finto popolari che debordano in minacce fisiche ai dirigenti

Non possiamo permetterci di considerare in qualche misura “inevitabile” ciò che è accaduto a Roma, dopo la decisione della società di esonerare l’allenatore-bandiera Daniele De Rossi. Scelta oggettivamente difficile, per certi aspetti sorprendente, eppure un po’ meno se si ha la voglia e la pazienza anche di ascoltare – oltre gli umori della piazza – le voci di dentro di una società in cui colui che fu “capitan futuro“ sarebbe entrato in rotta di collisione diretta con la dirigenza.

Possiamo discutere quanto si vuole delle bandiere ammainate, rammaricarci della fine di una grandissima storia d’amore del pallone e direttamente del calcio romantico (come se fosse tramontato con De Rossi la scorsa settimana e non diversi lustri or sono), ma non possiamo sopportare un minuto di più lo sconcio delle rivolte finto popolari che debordano in minacce fisiche ai dirigenti.

Le dimissioni dell’amministratore delegato della Roma Lina Souloukou si commentano da sole, 24 ore dopo la notizia di una contestazione tracimata ben oltre il limite della decenza e della civiltà.

Poi si vince una partita tre a zero, il nuovo allenatore riesce a dare quella che una volta si chiamava “la scossa“ e qualcuno vorrebbe cancellare quanto accaduto nelle precedenti 72 ore.

Noi continuiamo a pensare, invece, che tutto questo sia inaccettabile. Punto.

Sia l’ennesima riproposizione di quella volontà di ricatto che da tempo immemore anima le cosiddette “frange più accese del tifo”. Gente – basta dare un’occhiata ai fatti di cronaca nera delle scorse settimane e degli scorsi anni – che usa il calcio e la curva esclusivamente per coprire i propri affari delinquenziali e gestire un piccolo o grande potere nel clan malato del pallone.

Non dovremmo sopportarlo per banale decenza, ma continuiamo a convivere per inerzia con sceneggiate indecorose.

di Fulvio Giuliani

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