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Juventus, giustizia che sa di vendetta

La scure della vendetta di Ceferin si è abbattuta sulla Juventus sotto forma di inchieste che sanno di venefica ripicca
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Juventus, giustizia che sa di vendetta

La scure della vendetta di Ceferin si è abbattuta sulla Juventus sotto forma di inchieste che sanno di venefica ripicca
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Juventus, giustizia che sa di vendetta

La scure della vendetta di Ceferin si è abbattuta sulla Juventus sotto forma di inchieste che sanno di venefica ripicca
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La scure della vendetta di Ceferin si è abbattuta sulla Juventus sotto forma di inchieste che sanno di venefica ripicca

Se si vuole davvero capire da dove comincia l’affaire Juventus, basta tenere a mente due date. La prima è il 26 luglio 2020, la domenica in cui la Juve vince il suo nono campionato di fila. Un record fin lì inimmaginabile nel calcio moderno, che per 3.003 giorni consecutivi ha costretto la metà del cielo non bianconero a mandar giù un’inconfutabile manifesta superiorità. La seconda data è il 21 aprile 2021, quando diviene di pubblico dominio il progetto Super Lega con cui l’allora presidente della Juve, Andrea Agnelli, dichiara guerra all’Uefa proponendo una competizione alternativa alla Champions League.

Sono cent’anni che la Juventus suscita antipatie e invidie. È la società degli Agnelli, vince più di tutti, scontato che mezza Italia tifosa la veda come l’artefice di ogni ruberia o scandalo, il potere forte che tiene in mano arbitri e stampa. Per questo il grosso dei tifosi s’è dato di gomito tra risolini ammiccanti quando la scure della vendetta di Aleksander Ceferin, onnipotente presidente dell’Uefa, si è abbattuta sulla società sotto forma di inchieste che sanno tanto di venefica ripicca: far pagare alla Juve il delitto di abbandono del tetto coniugale (e interessato) di Donna Uefa. Non è complottismo, parlano indizi gravi, precisi e concordanti: a poche ore dall’ultima sentenza, un influente membro del board Uefa diceva alla stampa che finché non ci sarà un’abiura del progetto Super Lega, per la Juve le coppe europee resteranno una chimera. Per inciso: il presidente della Figc – fin dall’inizio molto rigido con i bianconeri – è stato appena nominato vicepresidente dell’Uefa, guarda il caso proprio mentre è in ballo la candidatura italiana agli Europei 2032. A pensar male si farà peccato, ma qualche dubbio sul do ut des resta.

Tutto ciò per un illecito non previsto da nessuna norma e per cui non ci sono sanzioni specifiche. Ma allora in base a quali criteri si sono quantificati i punti di penalizzazione? E perché non si è tenuto conto di quei pochi precedenti in giurisprudenza vagamente assimilabili, tutti enormemente inferiori sia per punti che per ammende comminate? La Juventus è stata accusata di aver approfittato delle plusvalenze, una prassi in uso da sempre fra società di calcio: non più tardi di un anno fa i giornali sportivi si affannavano a celebrare come “re delle plusvalenze” il dirigente di un club blasonato che ne aveva inanellate una sfilza. Dice: ma la Juve è stata accusata di averne fatto un ‘sistema’. Può darsi, ma perché allora è stata l’unica inquisita e punita? Dov’è finita l’esigenza di rispettare i tempi stretti della giustizia sportiva anche con le altre protagoniste del sistema? Anche a sorvolare sulla pantomima del metti-e-togli punti a campionato in corso, resta un processo sportivo che era già stato chiuso con un’assoluzione un anno fa, ma che si è deciso di riaprire sulla base di intercettazioni e indagini della Procura di Torino in un altro processo. Intercettazioni, non prove formate in un dibattimento. Indagini, non sentenze.

di Valentino Maimone

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