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Jaylen Brown

L’uomo che vola fra stelle e canestri

Dieci anni fa l’insegnante aveva previsto per Jaylen Brown una sosta prolungata in prigione nella contea di Cobb. Previsione totalmente errata

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L’uomo che vola fra stelle e canestri

Dieci anni fa l’insegnante aveva previsto per Jaylen Brown una sosta prolungata in prigione nella contea di Cobb. Previsione totalmente errata

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L’uomo che vola fra stelle e canestri

Dieci anni fa l’insegnante aveva previsto per Jaylen Brown una sosta prolungata in prigione nella contea di Cobb. Previsione totalmente errata

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Dieci anni fa l’insegnante aveva previsto per Jaylen Brown una sosta prolungata in prigione nella contea di Cobb. Previsione totalmente errata

Dieci anni fa l’insegnante aveva previsto per lui una sosta prolungata in prigione nella contea di Cobb. Jaylen Brown – fresco di elezione a miglior giocatore della serie finale che ha consegnato il 18esimo titolo Nba ai Boston Celtics (diventati così la franchigia più decorata della lega professionistica del basket Usa, davanti ai Los Angeles Lakers) – era uno studente all’ultimo anno della Joseph Wheeler High School, in Georgia. Previsione dunque totalmente errata: ovviamente nella casistica ci sta anche che un’insegnante non comprenda appieno le potenzialità di uno studente, insomma che ci si sbagli. L’aneddotica è piena di esempi, a tutti i livelli. Nel caso di Brown assomiglia però più a una clamorosa topica che sarà raccontata nei decenni a venire.

Dopo la high school la star dei Celtics è infatti passata per il college, laureandosi a pieni voti alla University of California di Los Angeles (Ucla) dove si era iscritto non per la pallacanestro – sebbene il metodo formativo di quell’ateneo negli anni Settanta fosse un mito per i giocatori Nba – ma per il programma accademico. Sempre al college, Brown ha creato anche la squadra di scacchi, seguendo corsi extracurriculari per apprendere lo spagnolo e l’arabo. Poi è arrivato un master alla Berkeley University, uno dei primi college al mondo. E nel pacchetto finisce anche il rinnovo record da 304 milioni di dollari con i Celtics: da qualche tempo Brown è il cestista più pagato della storia della Nba, ma presto ci saranno colleghi più pagati di lui perché nella lega americana il salary cap continua a salire e il contratto collettivo riconosce sempre più margine salariale per gli atleti.

Tre volte convocato per l’All Star Game (la partita-spettacolo che ogni anno mette di fronte fra loro i migliori giocatori del campionato), leader tecnico ed emotivo della squadra campione d’America, Brown non si è mai rivalso pubblicamente sull’errata valutazione del suo insegnante, anzi l’ha utilizzata come carburante emotivo per emergere, salire di giri, crescendo sul parquet e formandosi nelle aule universitarie.

La lezione mandata a memoria è quella di nonno Willie, ex pugile che ha incrociato i guantoni come sparring partner con Muhammad Ali, Joe Frazier e Sonny Liston: allenamenti durissimi, niente sconti a sé stesso, neanche durante la pandemia (con la Nba messa in stand by), preparazione fisica e mentale per abbattere gli stereotipi e prendersi la scena. Ora colleziona l’endorsement di altri fenomeni come LeBron James – mai tenero con i Celtics, ma anche lui emerso da una realtà estremamente complicata – o come Larry Bird, leggenda vivente dei Celtics. Qualche tempo fa è diventato il più giovane vicepresidente di sempre dell’associazione giocatori della Nba. È stato nominato membro del Mit Media Lab, laboratorio di ricerca di uno degli atenei più famosi d’America. E si è pure cimentato con una conferenza alla Harvard University. Si trovava al Mit per una lezione di robotica quando la sua società ha annunciato il rinnovo contrattuale da oltre 300 milioni di dollari. Sì, quell’insegnante l’aveva detta davvero grossa.

di Nicola Sellitti

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