L’Italia del pallone che funziona
Le squadre italiane fanno bene nelle coppe a ridosso della Champions League. Il nostro movimento si mostra competitivo per il secondo anno in fila ed è un segnale importante
L’Italia del pallone che funziona
Le squadre italiane fanno bene nelle coppe a ridosso della Champions League. Il nostro movimento si mostra competitivo per il secondo anno in fila ed è un segnale importante
L’Italia del pallone che funziona
Le squadre italiane fanno bene nelle coppe a ridosso della Champions League. Il nostro movimento si mostra competitivo per il secondo anno in fila ed è un segnale importante
Le squadre italiane fanno bene nelle coppe a ridosso della Champions League. Il nostro movimento si mostra competitivo per il secondo anno in fila ed è un segnale importante
L’Atalanta in finale di Europa League, travolgendo il Marsiglia (3-0), poi la Roma che arriva a pochi minuti dai supplementari con il formidabile Bayer Leverkusen (2-2 al termine) e 24 ore prima, la seconda finale consecutiva in Conference League della Fiorentina. Anche questa stagione di coppe, dopo l’abbuffata della primavera 2023 con l’Inter in finale in Champions, la Roma in Europa League e poi i viola in Conference, certifica la qualità media del calcio italiano nel contesto europeo.
C’è salute, ci sono finalmente i club che hanno inteso il valore – non dettato solo dai conti – di giocare al massimo le coppe europee. Perché giocare in Europa, arrivare in fondo alle competizioni, forma il dna europeo di un gruppo di calciatori, di dirigenti, del club stesso. La prova arriva dagli atalantini, alla prima finale europea dopo svariati anni di crescita, dalla semifinale di Champions svanita qualche anno fa con il Psg di Neymar, passata in questa edizione attraverso il trionfo ad Anfield. Ora c’è la finale con il fantastico Leverkusen di Xabi Alonso, che neppure stasera ha perso (imbattuto da 49 partite..) nonostante la grande prova della Roma, arrivata davvero a un passo dalla terza finale continentale in tre anni. Anche i giallorossi possono vantare ora l’abitudine a giocare partite che contano, anche se negli anni forse l’ambizione europea è costata qualche punto di troppo in campionato. Negli ultimi anni la Roma è arrivata in semifinale di Champions, ha vinto la Conference, poi in finale di Europa League (perduta ai rigori con il Siviglia), fino alla doppia sfida con il Leverkusen. Sulla Viola che fa doppietta di finali – mai avvenuto nella sua storia – si è già scritto. Questo pacchetto di buone notizie potrebbe allungarsi, con la presenza di nove club nella prossima stagione nelle coppe europee: dipende dall’eventuale successo della Fiorentina contro l’Olympiacos, ad Atene.
Dunque, le italiane fanno bene nelle coppe a ridosso della Champions League. Il nostro movimento si mostra competitivo per il secondo anno in fila ed è un segnale importante. Ma è altrettanto vero che è evidente la distanza tra il meglio che offre ora il nostro movimento – Atalanta, Roma – con il vertice del calcio in Champions League. La consapevolezza è dettata dalle fantastiche partite andate in scena in Champions a partire dai quarti di finale in poi. Una distanza in termini di fatturati certo, ma anche di qualità di gioco, di coraggio, di identità, evidente non solo nella doppia sfida del Real Madrid con Manchester City e Bayern Monaco, ma anche nell’estrema qualità del Borussia Dortmund, dello stesso Psg, anche del Barcellona. C’è un gap significativo da colmare, in attesa del ritorno a quei livelli di Juventus, Milan, affinché l’exploit dello scorso anno dell’Inter non resti isolato.
Di Nicola Sellitti
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