Caputi sulla Juve: “Per tenere certi livelli, club costretti ad artifizi”
Con il giornalista sportivo Massimo Caputi parliamo del caso Juventus e del discusso mondiale in Qatar che si avvia alla conclusione e sul quale non ha dubbi: “ci si è svegliati troppo tardi”
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Caputi sulla Juve: “Per tenere certi livelli, club costretti ad artifizi”
Con il giornalista sportivo Massimo Caputi parliamo del caso Juventus e del discusso mondiale in Qatar che si avvia alla conclusione e sul quale non ha dubbi: “ci si è svegliati troppo tardi”
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Caputi sulla Juve: “Per tenere certi livelli, club costretti ad artifizi”
Con il giornalista sportivo Massimo Caputi parliamo del caso Juventus e del discusso mondiale in Qatar che si avvia alla conclusione e sul quale non ha dubbi: “ci si è svegliati troppo tardi”
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Con il giornalista sportivo Massimo Caputi parliamo del caso Juventus e del discusso mondiale in Qatar che si avvia alla conclusione e sul quale non ha dubbi: “ci si è svegliati troppo tardi”
«Tutto ciò che riguarda la Juventus ha un’eco oltre la media», il giornalista sportivo Massimo Caputi, una carriera di successo tra carta stampata, tv e radio, ne è certo: «Quello che va evitato è il tifo, il cronista deve avere un atteggiamento super partes. Non si tratta di essere pro o contro il club bianconero, si tratta di capire che c’è un malessere evidente del calcio italiano, messo in risalto dalle ultime notizie su una società tanto blasonata che ha metà Italia che tifa a favore e l’altra metà che le tifa contro, nel calcio giocato così come nel dibattito pubblico».
Tanto si è letto in questi giorni, anche se le indagini sono ancora alla fase preliminare e un vero e proprio processo, che si apre solo dopo il rinvio a giudizio, non è stato ancora instaurato: «A molti giornalisti in Italia piace fare la gogna mediatica, io preferisco un’analisi oggettiva. Non entro nel merito della questione perché è compito della giustizia, ma ciò che sta venendo fuori dimostra come per mantenere determinati livelli i club siano costretti a fare degli artifizi. Su questo dobbiamo riflettere», continua Caputi oggi direttore editoriale dell’agenzia di comunicazione DMTC sport che nella sua scuderia vanta nomi come Gianmarco Tamberi, Federica Pellegrini e Giorgia Villa.
Tra i capi d’accusa della Procura di Torino insieme a false comunicazioni sociali, ostacolo alla vigilanza Consob e false fatturazioni figura l’aggiotaggio, il cui reato consiste nell’alterare la verità al fine di distorcere il mercato azionario. Dopo l’uscita della Roma a settembre, la Juventus è l’unica squadra di calcio italiana quotata in borsa.
L’ipotesi di reato di aggiotaggio sorge perché sabato 28 marzo 2020 il club ha emesso un comunicato in cui annunciava di aver raggiunto l’accordo con giocatori e allenatore sul pagamento degli stipendi in piena crisi pandemica, nonché benefici per il bilancio pari a 90 milioni di euro. Il lunedì successivo, 30 marzo, il valore del titolo del club è salito in borsa del 5,07%. La Procura accusa il club di false comunicazioni al mercato sostenendo che in realtà vi fossero degli accordi per il pagamento degli stipendi totale o parziale, comunque diverso rispetto a quanto riportato nel comunicato.
La situazione necessita di ulteriori approfondimenti, ma per Caputi il problema andrebbe risolto alla base: «Sono dell’idea che i club non dovrebbero essere quotati in borsa. Per tanti motivi si tratta di titoli estremamente volubili che possono dipendere da un risultato o da una notizia. Non possiamo considerare una società di calcio alla stregua di altre società sportive per l’indotto che genera, come stiamo vedendo anche durante questi Mondiali».
Le parole intercettate agli ex dirigenti del club e pubblicate dalla stampa hanno fatto scalpore nell’opinione pubblica, «analizzate da sole sono molto potenti, ma bisognerà considerare quello che verrà preso in considerazione dai giudici, che sono due aspetti completamente diversi. Non è detto che la forza di alcune dichiarazioni si tramuti in conseguenze giuridicamente rilevanti», sottolinea Caputi parlando di un aspetto molto dibattuto in questi giorni dopo la rimodulazione delle intercettazioni annunciata dal ministro della Giustizia Carlo Nordio.
CAPUTI SUI MONDIALI IN QATAR
A proposito di intercettazioni, quanto sta accadendo all’Europarlamento mostra come la scelta del Qatar per i mondiali 2022 si sia dimostrata più che mai infelice. Per tante ragioni. Eppure l’amore per il calcio da parte degli italiani resta così forte da non comprometterne la partecipazione nonostante l’amara esclusione: «Non avevo dubbi che i mondiali avrebbero avuto un seguito importante perché il calcio è un fenomeno popolare. Sull’organizzazione dei mondiali in Qatar 2022 e le sue controversie credo che ci si sia svegliati troppo tardi, appena un mese prima che iniziasse il torneo». Ma non è l’unica questione che fa storcere il naso a Massimo Caputi: «sorrido quando sento i presidenti delle squadre lamentarsi delle partite troppo ravvicinate: chi vieta loro di accordarsi e trovare una soluzione diversa? Dovrebbero essere loro quelli che decidono. Invece per alcuni sport, calcio in primis, che producono miliardi di euro – continua Caputi – il business fa le regole anche a costo di predisporre calendari stretti fino all’osso. Bisogna capire se questa sia la strada giusta o se è meglio dare un respiro ai calciatori e ai tifosi. Anche nel tennis si verifica questa condizione per cui a novembre gli atleti arrivano stremati». A rischio non è solo la tenuta fisica dei calciatori ma anche il ruolo dei tifosi perché «tutta questa offerta potrebbe portare ad una crisi di rigetto da parte degli spettatori. Credo che i policy makers del calcio si siano posti questa domanda, ma non sanno ancora come risolvere questa situazione», conclude. CONDONO DEI CLUB DI SERIE A In queste settimane è acceso lo scontro sul ‘condono’ per le società di calcio, in particolare per i club di Serie A. L’emendamento proposto per la dilazione dei debiti fiscali del calcio in sede di legge di Bilancio è stato bocciato dal governo e poi rispedito al mittente dal ministro per lo Sport e i giovani Andrea Abodi: «Siamo contrari a questa soluzione perché riteniamo che il sistema sportivo […] debba trovare soddisfazione delle loro esigenze all’interno del corpo normativo e con parità di trattamento e condizione rispetto al sistema delle imprese. Ci sono società virtuose che pagano in maniera puntuale tutti i loro adempimenti […], investono in infrastrutture e magari fanno l’acquisto di un giocatore in meno per rispettare le regole, mentre altri hanno un paradigma gestionale diverso e noi dobbiamo garantire i principi, i valori», ha chiosato il ministro durante il question time alla Camera della settimana scorsa. Sulla stessa linea d’onda Caputi che ricorda come l’emergenza della pandemia abbia solo acuito le difficoltà enormi di un sistema da tempo non sostenibile: «c’è da considerare il punto di vista di chi ha visto le società lavorare senza progettazione e oltre le proprie possibilità. È chiaro che delle decisioni che favoriscano un settore come questo possano apparire impopolari e ingiuste. D’altra parte se non vogliamo il collasso del sistema qualcosa bisogna concedere ma sempre in maniera ravveduta». Si era ipotizzato di obbligare le società calcistiche a sessioni di calciomercato in parità o in attivo, traguardo che è quasi una chimera per la maggioranza delle squadre di Serie A, «Tuttavia è necessario cominciare a mettere delle regole, ci vorranno lacrime e sacrifici. Certo, i limiti al calciomercato possono danneggiare il calcio italiano rispetto a quello delle altre realtà, ma se non si comincia a mettere dei paletti ci troveremo ogni anno in crisi”. E nessuno vuole questo perché il calcio starà pure attraversando una (lunga) fase infelice ma resta, per gli italiani, lo sport più amato. E capita, prima o poi, che un grande amore faccia soffrire. Di Giovanni PalmisanoLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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