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Pelé, l’uomo che sublimò il futuro giocando a pallone

3 palloni del mondo, 1281 gol in 1363 partite, 8 gol in una sola: eppure contenere la gloria di Pelé nei numeri e nel tempo è impossibile anche per i giovani di oggi che non hanno vissuto la sua era
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Pelé, l’uomo che sublimò il futuro giocando a pallone

3 palloni del mondo, 1281 gol in 1363 partite, 8 gol in una sola: eppure contenere la gloria di Pelé nei numeri e nel tempo è impossibile anche per i giovani di oggi che non hanno vissuto la sua era
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Pelé, l’uomo che sublimò il futuro giocando a pallone

3 palloni del mondo, 1281 gol in 1363 partite, 8 gol in una sola: eppure contenere la gloria di Pelé nei numeri e nel tempo è impossibile anche per i giovani di oggi che non hanno vissuto la sua era
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3 palloni del mondo, 1281 gol in 1363 partite, 8 gol in una sola: eppure contenere la gloria di Pelé nei numeri e nel tempo è impossibile anche per i giovani di oggi che non hanno vissuto la sua era
Ho iniziato a sentire il suo nome quando per esprimere la mia età bastava una sola cifra. Pelé: un suono, un concetto, quattro lettere che poco c’entravano con le cose terrene. Chi scrive è nato nel 1993 e non può nascondere di aver creduto per diversi anni che fosse già morto. Una gloria così grande, quella che circondava il suo nome, che mai viene riservata a una persona ancora non dipartita. Una sorta di santificazione ancora in vita. Impossibile di norma, ma con O Rey la normalità va messa da parte. Pensate a una persona che non segue il calcio, magari lo odia (che brutta cosa!) e chiedetele se conosceva il nome di Pelé. La risposta sarà sì. L’unico nella storia del calcio capace di vincere la Coppa del Mondo per tre volte (1958, 1962, 1970, in finale contro l’Italia). Sul web possiamo trovare delle immagini delle sue gesta, ma si tratta di un numero del tutto risibile rispetto alla sua fama. Risibile, ma sufficiente per capire che c’è un prima e un dopo Pelé. Lo si scriviamo e ci rendiamo conto che è riduttivo. Come si può ingabbiare un calciatore, un atleta, un simbolo nelle tradizionali maglie del tempo? Sgaiattola via, trova, o crea, una via di uscita come per due decenni ha fatto tra le gambe dei difensori avversari.

I NUMERI DI PELÉ

Già il primato della Coppa del Mondo lo consegna alla storia, ma vi sono altri numeri disumani nella carriera dell’ex Santos: 1.281 gol in 1.363 partite, 2 Coppe Libertadores, 2 Coppe Intercontinentali, il record di 8 gol in Santos-Botafogo del 22 novembre 1964, novantadue triplette, trenta quaterne. Talmente leggendario che nel 1961 il presidente della Repubblica brasiliana Jânio Quadros emanò per lui il divieto di lasciare il paese per giocare all’estero “perché tesoro nazionale”. Pelé è stato il primo campione sportivo di fama planetaria. Consacrato dalla Fifa “il più grande giocatore della storia” e proclamato “atleta del secolo” dal Cio (Comitato olimpico internazionale) nel 1999, nella sua terra ministro dello sport dal 1° gennaio 1995 al 1° maggio 1998 e ambasciatore dell’Onu nel 1992 per l’ecologia. Leggenda anche nello spettacolo con la sua partecipazione al film cult “Fuga per la vittoria” di John Huston, così come nella musica, nella televisione, nella pubblicità e negli affari. Impossibile circoscrivere cotanta grandezza.

MEGLIO MARADONA O PELÉ? L’INUTILE QUESITO

I confronti, poi! Tutti a discutere: “Maradona è più forte di Pelé”, “No, è il contrario” e intanto la rivalità tra loro non è mai esistita. Il Pibe de Oro ha incarnato il calcio nell’epoca immediatamente successiva a quella del Re. Un passaggio di consegne tra calciatori tecnicamente diversi, uno accanto all’altro nell’Olimpo del calcio. Resistenza, follia, speranza. Altro che calciatori. Nelle diverse apparizioni che hanno fatto insieme, si percepisce la vacuità di un confronto tra atleti da sempre consegnati alla storia. Prima e dopo Pelé, sopra o sotto Maradona, con quella palla al piede “Il dio di tutti gli stadi” ha sparso felicità fuori da ogni tempo. Inutile affannarsi dietro concetti statici, quando lo scorrere stesso della vita è elastico. Come le sue apparizioni sul rettangolo verde, i suoi gol, le sue devastanti progressioni in campo aperto, le precise incisioni in campo stretto. Negli anni ’70 faceva cose che si sarebbero viste almeno vent’anni dopo. Prendete una sua azione, togliete gli avversari e inserite i movimenti di O Rey in una partita del mondo di oggi. Niente risulterà stonato. Pelé ha sublimato il futuro giocando a pallone. Riposa in pace, profeta. Di Giovanni Palmisano

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