Borg vince a Bastad. Esatto, Borg. Si tratta di Leo, 20enne figlio di Bjorn, coetaneo di Alcaraz, che centra il primo successo in carriera in un torneo Atp, peraltro in Svezia, il paese natale di uno dei miti del tennis e sicuramente uno dei più controversi, atipici personaggi dello sport mondiale.
Leo Borg ha vinto un torneo ITF in Egitto, lo scorso anno. Lo stesso ha fatto qualche settimana fa a Giakarta, guadagnandosi qualche wild card per entrare nei tabelloni di alcune competizioni del circuito maggiore. Al momento è numero 437 nella classifica Atp, il prossimo lunedì dovrebbe scalare decine di posizioni.
Per i paragoni, se qualcuno ci avesse anche pensato, meglio pensare ad altro: papà Bjorn, che si è ritirato a 27 anni dopo aver dominato un decennio e rivoltato il gioco come un calzino, a 20 anni aveva già vinto due volte a Parigi, una volta Wimbledon e lo Us Open.
Per dire. Insomma, la storia di Leo è tutta da costruire e forse non ci sarà nulla da scrivere: il percorso non è di quelli da predestinato, anche se tre anni fa è stato preso in cura dall’accademia tennista di Rafa Nadal, a Maiorca.
Nel 2020 ha guadagnato meno di mille dollari con il tennis. I primi punti Atp sono arrivati con un successo nel challenger di Antalya, l’anno successivo.
Insomma, una storia diversa, in comune c’è quel cognome, assai pesante. E facendo un attimo mente locale, non si ricordano figli d’arte che hanno saputo ripercorrere le strade del genitore vincente. Il figlio di Jannik Noah, Joakim, è stato un centro/ala di sostanza e temperamento nella Nba. L’unica eccezione è forse Sebastian Korda, ex numero uno al mondo tra gli juniores, attuale numero 28 mondiale e figlio di Piotr, talentuoso campione a Wimbledon nel 1998. Si dicono cose impressionanti del figlio di Nole Djokovic, Stephan. Si vedrà, ma qui si tratta di un Borg. Un immortale che ha reso possibile giocare il rovescio a due mani. Un innovatore. Quindi, giusto scriverne, raccontare chi è Leo. Senza illudere su quello che potrà mai essere.
di Nicola Sellitti
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