Rafa Nadal, un grande esempio
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Tennis: la sfida, la competizione, la voglia di giocarsela con tutti: a quasi 38 anni, dopo 25 anni di carriera spinta al massimo: questo e tanto altro è Rafa Nadal

Rafa Nadal, un grande esempio
Tennis: la sfida, la competizione, la voglia di giocarsela con tutti: a quasi 38 anni, dopo 25 anni di carriera spinta al massimo: questo e tanto altro è Rafa Nadal
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Rafa Nadal, un grande esempio
Tennis: la sfida, la competizione, la voglia di giocarsela con tutti: a quasi 38 anni, dopo 25 anni di carriera spinta al massimo: questo e tanto altro è Rafa Nadal
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AUTORE: Nicola Sellitti
La sfida, la competizione, la voglia di giocarsela con la Generazione Z, con i Millennials, a quasi 38 anni, dopo 25 anni di carriera spinta al massimo. Sull’assenza di Rafa Nadal agli Australian Open – cui il fenomeno spagnolo ha dovuto rinunciare per infortunio, un anno dopo essere rientrato nel circuito professionistico – si sono riproposti gli ormai consueti e inevitabili interrogativi: perché va avanti? Chi glielo fa fare? Rafa ha vinto 22 prove del Grand Slam, è stato numero uno al mondo per centinaia di settimane, è di diritto nella leggenda dello sport mondiale. Perché si ostina a riprovarci? Lo ha spiegato al quotidiano spagnolo “El Pais” Toni Nadal, zio ed ex allenatore del fuoriclasse spagnolo. Rafa continua per la sua etica del lavoro, perché il lavoro dà uno scopo e un significato alla sua vita. È un’esigenza, una soddisfazione quotidiana insomma. Non è quindi la classica paura del post carriera, il dubbio su cosa fare e come rimettersi in gioco partendo da zero o quasi.
Da Totti a Ibrahimovic, fino alla leggenda del football americano Tom Brady: sono stati diversi i casi di atleti top che si sono sentiti bloccati dall’enigma del futuro. Pippo Inzaghi è entrato in crisi dopo aver smesso: era arrivata la depressione, lo ha raccontato lui stesso. Altri hanno imboccato la strada delle dipendenze, altri ancora hanno perso il patrimonio personale e gli affetti. Per Nadal, come racconta lo zio Toni, è diverso: va avanti per la passione per quello che fa ogni giorno, nonostante una menomazione fisica resa pubblica da lui stesso. Allenamenti, lavoro duro, fatica. Ogni giorno. La fatica che dà un senso alla vita. Lo zio di Nadal apre anche a una discussione che è cresciuta prendendo più strade dalla pandemia in poi: dice che questo tipo di etica non si vede nei giovani, che vivono il lavoro come fosse una punizione. E lavorano meno.
Certo, l’obiezione è dietro l’angolo: Nadal (e lo ammette anche il suo ex allenatore) ha avuto la fortuna e la capacità di cucirsi addosso la professione della sua vita. Viaggi, trionfi, gratificazione dal pubblico, guadagni a svariati zeri. Il punto su cui insiste lo zio del tennista spagnolo – che contraddistingue il nipote rispetto ai giovani di oggi – è l’esigenza di fare al massimo la propria parte ogni giorno per dare un senso alla quotidianità. La considerazione di Toni Nadal sarebbe respinta al mittente dai giovani che si trovano in un mercato del lavoro al ribasso, sottopagati, sottodimensionati, ‘costretti’ a destinare otto ore al giorno (o anche di più) a un lavoro che non piace. Ma forse nelle frasi dello zio del campionissimo c’è anche qualcosa di vero: ingigantita dalla pandemia, la rivendicazione gridata al mondo di una maggior tutela di sé stessi e della vita personale (che resta sacrosanta, intoccabile) sta forse togliendo qualcosa alla dedizione sul lavoro. Il lavoro visto come un ostacolo, piuttosto che considerato quale parte essenziale della propria esistenza. Cosa che poi è, nella sostanza. Piaccia o non piaccia.
di Nicola Sellitti
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