Per usare Internet consapevolmente occorrono conoscenze, con tre premesse:
1. I lettori esperti potrebbero trovare troppo semplicistiche alcune affermazioni utilizzate in seguito, ma il linguaggio usato mira alla maggiore semplificazione possibile, per una comprensione generalizzata;
2. Parlare di accesso a Internet, di profilazione e di sicurezza si presta a molti fraintendimenti perché molti parlano senza vere conoscenze, creando equivoci su cui specula il mondo esperto;
3. Nel mercato consumer l’ignoranza del cliente è alla base del business. Nessuno di coloro che sviluppano servizi ci tiene a fare cultura, altrimenti viene meno la possibilità di trarne beneficio.
Iniziamo paragonando chi viaggia in Rete usando il pc o lo smartphone a una persona che viaggia su una rete stradale in automobile. In caso di controlli o monitoraggio, l’auto viene identificata attraverso la targa e il telaio mentre la persona attraverso il documento di identità. Nel mondo Internet avviene la stessa operazione, identificando i dati di targa del pc – che è un numero seriale chiamato Mac, o Imsi nel caso dello smartphone – e la persona attraverso i dati scritti nell’account.
Tutti i device – siano essi smartphone, smart- tv, smartwatch o pc – si identificano in Rete, senza il nostro consenso per connettersi, attraverso questi codici univoci che ogni produttore di apparati ha ricevuto da una organizzazione mondiale (Itu) perché, al pari della targa della nostra auto, non ne devono esistere due uguali. Quindi questo codice identifica in modo univoco in Rete il nostro smartphone o pc, ma non il suo utilizzatore.
Quando si vuole identificare anche la persona si devono leggere l’account e la password definite da chi naviga. Quindi quando noi entriamo in un sito web, per essere accettati nel servizio cediamo al service provider che gestisce il sito sia il numero di targa del nostro device sia il nostro account.
Una volta identificati il device attraverso il numero seriale e i nostri account e password connessi con il sito web, avvengono operazioni che sfuggono al nostro controllo:
a. Il sito visitato permette a terzi, contrattualizzati dal sito stesso, di accedere, durante la navigazione, al nostro apparato. In pratica noi siamo convinti di accedere solo al sito che ci appare a video mentre in realtà coloro con cui interagiamo sono molti di più, e tutti interessati al nostro profilo, senza apparire;
b. Il nostro dispositivo riceve dal sito che si sta visitando, e spesso anche dagli altri che partecipano, dei piccoli programmi software che si installano nel nostro device, chiamati cookie, che svolgono una azione tanto pericolosa per il navigatore quanto redditizia per il fornitore di servizi.
Il Mac address, l’Imsi e l’account sono stati solo la prima chiave per entrare perché ora, attraverso i cookie (profilazione), il fornitore di servizi saprà molto di più del nostro device e della nostra persona. Questo legame – tanto pericoloso quanto comodo nella navigazione – è alla base del business delle aziende che ci profilano, offrendoci gratis queste esche. Adesso che sappiamo di essere noi i pesci, per giunta felici di stare nella Rete, siamo pronti ad andare oltre. Arrivederci qui, domani. (1. continua)
di Claudio Carnevale
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