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L’intestazione dei siti Internet e un mercato globale

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Viviamo in un’epoca in cui gli indirizzi dei siti Internet possono valere milioni. Ed è utile sapere che a influenzarne il destino è da sempre un amalgama fatto di regolamenti e politica

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L’intestazione dei siti Internet e un mercato globale

Viviamo in un’epoca in cui gli indirizzi dei siti Internet possono valere milioni. Ed è utile sapere che a influenzarne il destino è da sempre un amalgama fatto di regolamenti e politica

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L’intestazione dei siti Internet e un mercato globale

Viviamo in un’epoca in cui gli indirizzi dei siti Internet possono valere milioni. Ed è utile sapere che a influenzarne il destino è da sempre un amalgama fatto di regolamenti e politica

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In un’epoca in cui gli indirizzi dei siti Internet possono valere milioni, è utile sapere che a influenzarne il destino è da sempre un amalgama fatto di regolamenti e politica, forze esterne alla Rete che, in un processo a doppio senso, trasformano in vasi comunicanti i domini digitali e la storia. È il caso, recentissimo, dell’isola caraibica di Anguilla, 16mila abitanti, a cui è assegnato il dominio che finisce con “.ai”. Nell’ultimo anno, con il boom dell’intelligenza artificiale (il cui acronimo inglese è AI), le richieste di registrare imprese sul posto per poi acquistare siti “.ai” sono raddoppiate, facendo incassare al governo 39 milioni di dollari, quasi un quarto dei ricavi annuali totali. Il Fondo monetario internazionale ha evidenziato che il felice trend può aiutare l’isola a diversificare un’economia basata sul turismo e messa a dura prova dai danni dei frequenti uragani.

Non tutti i destini dei domini digitali, però, hanno un tracciato così luminoso: a volte sono stati puntellati da vicende di spionaggio e di contrasti diplomatici degne dei migliori film. Meritano di essere conosciute.

Come funziona l’assegnazione dei domini nel mondo? L’Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (Icann) decide cosa sia o non sia un dominio di primo livello (ad esempio “.com”, “.it” et cetera). Inoltre, garantisce sia la rappresentatività degli interessi nazionali sia l’operatività di Internet. Fino al 1998 a occuparsene era la Internet Assigned Numbers Authority (Iana, poi confluita nell’Icann). Ed è agli anni Novanta che dobbiamo tornare. Per ricordare che il 19 settembre 1990 fu proprio la Iana a creare e assegnare all’Unione Sovietica il dominio “.su”. Soltanto sei settimane dopo cadde il muro di Berlino e iniziò il progressivo crollo dell’Urss.

Come ricorda Gareth Edwards, storico e stratega digitale, ai tempi nessuno si domandava cosa sarebbe stato del dominio “.su”, poiché Internet era una cosa diversa dalla Rete che conosciamo oggi. Così fu ceduto alla Russia perché lo usasse insieme al suo (“.ru”). Gorbačëv acconsentì alla sua chiusura, ma senza definire regole di gestione né tantomeno tempi certi di cessazione della sua operatività. Ecco perché oggi ci troviamo con il mondo virtuale di “.su” divenuto un Far West digitale incontrollato. Terreno fertile per la propaganda e per operazioni segrete di varia natura, la cui genesi può essere così formalmente misconosciuta da parte del governo russo.

Nel 1992 la Iana apprese un’altra, dura lezione. Con la disgregazione della Jugoslavia, l’ambiguità dell’Authority nel decidere a chi assegnare il dominio “.yu” provocò indirettamente un incredibile atto di spionaggio accademico. Secondo la ricostruzione del giornalista Kaloyan Kolev, alcuni professori sloveni andarono all’Università di Belgrado e rubarono software e documenti necessari a gestire quel dominio, poi per due anni controllato ufficiosamente dall’Academic and Research Network of Slovenia (Arnes). Quest’ultima negò ripetutamente sia il proprio coinvolgimento sia le proposte di uso di nuovi domini, limitando per anni le capacità del Paese di partecipare alla crescente comunità di Internet. Nel 1994 Jon Postel, direttore della Iana, finì col trasferire forzatamente il tag “.yu” all’Università di Belgrado. E creò due domini (“.rs” per la Serbia e “.me” per il Montenegro), a patto che venisse dismesso “.yu”. Si dovette attendere il 2010 perché ciò accadesse. 

Dopo questo evento, le regole per l’assegnazione di domini divennero più severe. Ciò che non è mai cambiato è il legame di ferro tra storia ‘fisica’ e storia digitale.

di Nicoletta Prandi

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