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Teorie del complotto nella rete dei social

Dalla terra piatta al 5g che infetta: chi ricava informazioni dai social network è particolarmente suscettibile alle teorie complottiste.

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Teorie del complotto nella rete dei social

Dalla terra piatta al 5g che infetta: chi ricava informazioni dai social network è particolarmente suscettibile alle teorie complottiste.

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Teorie del complotto nella rete dei social

Dalla terra piatta al 5g che infetta: chi ricava informazioni dai social network è particolarmente suscettibile alle teorie complottiste.

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Dalla terra piatta al 5g che infetta: chi ricava informazioni dai social network è particolarmente suscettibile alle teorie complottiste.

Gli individui che si fidano dei social media come fonte di informazione sono particolarmente suscettibili alle teorie del complotto, secondo una ricerca pubblicata sulla rivista “Public Understanding of Science”. I complotti, si sa, vengono perpetrati ai nostri danni dai cosiddetti ‘poteri forti’, gruppi sinistri di individui che hanno a cuore la nostra fine. L’attribuzione causale a tali oscuri disegni si è diffusa negli ultimi anni grazie ai social. Dalla Terra piatta al Covid che viaggia in 5G ce n’è per tutti i gusti. Siamo immersi in quella che l’Organizzazione mondiale della sanità ha definito ‘infodemia’: una miscellanea di dati e clamori mediatici che porta a confusione cognitiva soprattutto in alcune categorie di individui. I ricercatori della Washington State University hanno intervistato 760 adulti equamente suddivisi tra democratici e repubblicani, di cui la maggior parte consumatori quotidiani di Facebook e Twitter. I soggetti hanno risposto a domande relative all’uso di notizie sui social media e alla fiducia verso questi, nonché alla capacità di identificare la disinformazione. È stato chiesto loro in modo esplicito se credessero in teorie generali del complotto, come la convinzione che l’allunaggio fosse una bufala o che la principessa Diana fosse stata uccisa da un’agenzia di intelligence britannica. Tra gli intervistati è emerso che le persone che di solito cercano attivamente notizie e informazioni sui social (anziché sui mezzi di informazione canonici) tendono a credere maggiormente alle teorie del complotto, in special modo quelle legate al Covid-19. Questa correlazione è particolarmente intensa tra coloro che si fidano soprattutto dei social come fonte di informazione: ad esempio l’affermazione «Mi fido delle notizie che trovo sui siti di social media» è stata valutata con punteggi elevati dalle stesse persone che si ritrovano nella frase «Il Covid-19 è un’arma della guerra biologica usata da Paesi stranieri». Le persone che si fidano ciecamente delle informazioni sui social media sono quindi più suscettibili alle percezioni errate. Questa associazione è mitigata quando i soggetti vengono educati a identificare la disinformazione. Dati che non ci spettinano, parliamoci chiaro. Ma siamo sicuri che la responsabilità sia sempre e solo del lettore ‘poco educato’ alla disinformazione? Che si faccia piuttosto informazione seria e non emotiva, in modo da ridare fiducia al cittadino, affinché non senta la necessità di cercare conforto nel grande bar mediatico.   di Daniel Bulla

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