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TikTok prova a resistere negli Usa

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TikTok deve cedere le sue operazioni negli Stati Uniti a una società americana entro il 19 gennaio. In caso contrario sarà bandita dal mercato

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TikTok prova a resistere negli Usa

TikTok deve cedere le sue operazioni negli Stati Uniti a una società americana entro il 19 gennaio. In caso contrario sarà bandita dal mercato

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TikTok prova a resistere negli Usa

TikTok deve cedere le sue operazioni negli Stati Uniti a una società americana entro il 19 gennaio. In caso contrario sarà bandita dal mercato

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Il tempo a stelle e strisce stringe sempre più per TikTok. Il 10 gennaio la Corte suprema americana ascolterà infatti le ragioni con cui la piattaforma si oppone alla legge ban or sell (vieta o vendi). Che – per motivi di sicurezza nazionale – impone alla casa madre cinese ByteDance di cedere il ramo americano a un soggetto non riconducibile a Pechino entro il 19 gennaio. In caso contrario scatterà il divieto di operare sul ricco mercato Usa, che conta oltre 170 milioni di utenti.

I giudici si esprimeranno sull’eventuale sospensione della legge soltanto dopo questa audizione. Secondo molti analisti è difficile che decidano un cambio di rotta in una manciata di giorni, congelando un provvedimento che gode ormai di ampio sostegno bipartisan. Inoltre, Trump si insedierà come nuovo presidente degli Stati Uniti il 20 gennaio, 24 ore dopo che la nuova normativa sarà entrata in vigore. Così anche la strada per una exit strategy diplomatica, che passi magari attraverso un accordo diretto con il governo cinese, si fa sempre più stretta.

Altri correlati della vicenda si colgono però osservando anche chi e cosa ha smosso intorno. Fra gli investitori fattisi avanti per acquistare TikTok (l’ex segretario al Tesoro Steven Mnuchin e l’ex amministratore delegato di Activision Bobby Kotick) c’è un uomo d’affari miliardario. È Frank McCourt, già proprietario della squadra di baseball dei Los Angeles Dodgers. La sua offerta (20 miliardi di dollari) è diversa da tutte le altre. Si innesta su un movimento d’opinione alimentato da Project Liberty. Una costellazione di associazioni, enti politico-accademici e tecnologi fondata per rivendicare un ecosistema digitale più democratico, con un’anima profit e una non profit non sempre distinte. McCourt definisce la sua proposta «un’opportunità unica per gli americani di far sentire la propria voce nel futuro di Internet». Ci crede al punto tale che ha chiesto di acquistare la piattaforma «senza i suoi algoritmi».

La licenza di proprietà intellettuale è però registrata presso ByteDance in Cina e scorporare la casa madre è assai complicato. Ciò che in realtà vuol fare è replicare il recente successo di un’altra piattaforma, Bluesky (su cui sono migrati milioni di utenti dopo la vittoria di Trump). Creando un TikTok decentralizzato in cui si leggono solo i post desiderati senza l’intervento di algoritmi. Nelle piattaforme decentralizzate, gestite dagli utenti e distribuite su vari server tra loro federati, non esistono algoritmi. Lo scopo non è vendere ma creare uno spazio di comunicazione libero dalle interferenze di un’unica proprietà editoriale. Un TikTok decentralizzato sarebbe insomma, a livello ideologico, una specie di Bitcoin dei social.

Mentre è impossibile affermare con certezza se alla mezzanotte del 19 gennaio la scarpetta americana di TikTok si trasformerà in zucca oppure no, è facile constatare la doppiezza di una classe politica che con una mano fa di tutto per combattere i social e con l’altra prova sempre a possederli. Lo scorso 16 dicembre Trump (già proprietario del social Truth) ha affermato di avere un debole per TikTok. «Fra i giovani ho vinto con 34 punti di vantaggio» ha detto a poche ore da un incontro avvenuto proprio con il boss della piattaforma, Shou Zi Chew. È vero: i social non sono tutti uguali, quanto a capacità di potenziale manipolazione politica. Dipende da come sono programmati. Quanto al potere di stregare, invece, si assomigliano. Tutti li criticano ma in realtà li desiderano, spesso camuffando la voglia di controllo in cimento per la libertà.

Di Nicoletta Prandi

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