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Testamento Berlusconi

Berlusconi, i testamenti e il commiato a una vita

L’apertura dei testamenti di Silvio Berlusconi ha scatenato un’ondata di interesse dai tratti oggettivamente anche morbosi
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Berlusconi, i testamenti e il commiato a una vita

L’apertura dei testamenti di Silvio Berlusconi ha scatenato un’ondata di interesse dai tratti oggettivamente anche morbosi
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Berlusconi, i testamenti e il commiato a una vita

L’apertura dei testamenti di Silvio Berlusconi ha scatenato un’ondata di interesse dai tratti oggettivamente anche morbosi
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L’apertura dei testamenti di Silvio Berlusconi ha scatenato un’ondata di interesse dai tratti oggettivamente anche morbosi
L’apertura del testamento – anzi dei testamenti – di Silvio Berlusconi ha scatenato un’ondata di interesse dai tratti oggettivamente anche morbosi. Difficile sorprendersi, considerati il personaggio e le dimensioni del patrimonio in gioco. Nulla che non si sia già visto, se pensiamo ai recenti casi Caprotti o Del Vecchio. Berlusconi, però, è un’altra storia, così italiana e paradossalmente vissuta come “familiare“ da milioni di persone, a differenza delle vicende di imprenditori pur straordinari e famosi come quelli appena citati. Per legioni di suoi ammiratori, del resto, Berlusconi è stato “Silvio“ per un’intera avventura umana, politica e professionale. Naturale la voglia di sapere, commentare, valutare, pesare le decisioni. Si è molto scritto di come Mediaset sia stata blindata nella sua governance, mantenendo saldo il controllo nelle mani dei figli maggiori, così come è ormai di dominio pubblico l’entità dei lasciti all’ultima compagna di vita, Marta Fascina, al fratello Paolo e al sodale Marcello Dell’Utri. Ci si può interessare più o meno al destino di ville, quadri e barche, ma siamo fra coloro che preferiscono provare a immaginare i momenti e le sensazioni. Colpiscono, in quest’ultimo anno di una storia fuor dal comune, alcuni momenti e gesti. Quell’ultimo testamento, scritto di suo pugno in forma di lettera rivolta ai cinque figli, in cui li prega di eseguire le sue ultime volontà nei confronti della compagna. Un gesto necessario a “garantire“ la donna che l’ha accompagnato nell’ultimo tratto della sua esistenza, ma al contempo fondamentale per impedire scossoni che avrebbero potuto mettere a rischio l’intero impianto successorio. Una lettera scritta presumibile di getto, andando in ospedale e mettendo in conto di non riuscire a tornare. Bisognava seguire un disegno razionale, ma anche l’emozione del momento. Un equilibrio delicato che incute rispetto, oltre qualsiasi idea si possa aver maturato dell’uomo. Non sarebbe stato difficile sbagliare la mossa, creare screzi potenzialmente fatali. La stabilità è l’eredità più preziosa, la garanzia più alta nella fase di passaggio. Poi, toccherà a chi resta, come sempre nella vita. Fra i momenti supremi, impossibile non pensare a quel giro in macchina fra i viali di Milano 2, prima dell’ultimo ricovero al vicino ospedale San Raffaele. Ormai tutto era stato definito, non c’erano disposizioni da aggiungere, gli equilibri familiari disegnati e affidati a chi avrebbe avuto la responsabilità di portare avanti le aziende. Restava solo quel desiderio da esaudire, nulla rispetto a una vita folgorante ed esagerata: rivedere il quartiere simbolo della sua scalata alla ricchezza, alla notorietà e al potere. Forse il commiato più vero – certamente il più intimo – di cui ci è arrivata quell’ultima foto con un bambino in un bar. Ormai non si sfugge a uno smartphone, mai… Per quanto ricco, famoso e potente vi si vede solo un uomo davanti al mistero più grande. Tutto qui. Di Fulvio Giuliani

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