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Egitto, Giacomo Passeri condannato all’ergastolo. Il fratello: “Lo Stato ci aiuti”

Il 31enne italiano Giacomo Passeri è stato condannato all’ergastolo in Egitto con l’accusa di traffico internazionale di sostanze stupefacenti. L’appello della famiglia

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Egitto, Giacomo Passeri condannato all’ergastolo. Il fratello: “Lo Stato ci aiuti”

Il 31enne italiano Giacomo Passeri è stato condannato all’ergastolo in Egitto con l’accusa di traffico internazionale di sostanze stupefacenti. L’appello della famiglia

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Egitto, Giacomo Passeri condannato all’ergastolo. Il fratello: “Lo Stato ci aiuti”

Il 31enne italiano Giacomo Passeri è stato condannato all’ergastolo in Egitto con l’accusa di traffico internazionale di sostanze stupefacenti. L’appello della famiglia

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Il 31enne italiano Giacomo Passeri è stato condannato all’ergastolo in Egitto con l’accusa di traffico internazionale di sostanze stupefacenti. L’appello della famiglia

Il 31enne italiano Giacomo Passeri, originario della Sierra Leone ma cresciuto a Pescara, è stato condannato all’ergastolo con 25 anni da scontare in Egitto, dopo un anno di reclusione al Cairo. Il reato: essere in possesso di una piccola quantità di marijuana quando è stato fermato il 23 agosto di un anno fa durante il suo viaggio in terra egiziana. L‘accusa è detenzione e traffico internazionale di sostanze stupefacenti.

L’appello del fratello è disperato: “Siamo stupiti e scioccati” ha dichiarato ad Adnkronos “e chiediamo allo Stato, alla politica italiana di farlo tornare in Italia, di interessarsi almeno al caso attraverso la documentazione ufficiale rilasciata dalle autorità egiziane in mio possesso. Giacomo è ingiustamente trattenuto lì, si faccia qualcosa per riportarlo al più presto a casa“.

Dal 23 agosto, giorno dell’arresto, la famiglia sostiene inoltre di non aver avuto alcun contatto telefonico né la possibilità di poterlo visitare in carcere. L’unica voce è stata inviata attraverso segretamente da Giacomo grazie ai telefoni di altri detenuti dove si legge di essere stato “torturato”, “rinchiuso per ore in una cella piena di feci e urine, con le manette talmente strette da non far più scorrere il sangue nelle dita”, trasferito poi in un’altra gabbia con “detenuti accusati di omicidio, tentato omicidio”, operato d’appendicite e “abbandonato senza cure per giorni”, tra agenti che gli “tiravano acqua addosso”.

Un caso ora seguito dall’Ambasciata italiana al Cairo e dalla Farnesina. “Se l’Italia non si muove marcirà in cella, non vogliamo che faccia la fine di Regeni”, hanno concluso i fratelli.

di RaffaeLa Mercurio

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