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Identikit degli “Angeli della morte”

Le brutalità degli ‘Angeli della morte’ nascono da una psicopatologia ben definita che li porta ad uccidere sentendosi padroni di decidere sulle vite altrui.
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Identikit degli “Angeli della morte”

Le brutalità degli ‘Angeli della morte’ nascono da una psicopatologia ben definita che li porta ad uccidere sentendosi padroni di decidere sulle vite altrui.
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Identikit degli “Angeli della morte”

Le brutalità degli ‘Angeli della morte’ nascono da una psicopatologia ben definita che li porta ad uccidere sentendosi padroni di decidere sulle vite altrui.
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Le brutalità degli ‘Angeli della morte’ nascono da una psicopatologia ben definita che li porta ad uccidere sentendosi padroni di decidere sulle vite altrui.
A Macerata un infermiere è stato condannato all’ergastolo per aver ucciso sette pazienti e tentato di ucciderne altri quattro. Va puntualizzato che si tratta di una sentenza di primo grado, per cui vige la presunzione d’innocenza. Già in un caso simile, qualche anno fa, si era infatti subito crocifissa su giornali e tv una donna parasanitaria che poi risultò innocente. I media hanno questa volta definito l’uomo un “angelo della morte”. Al di là della definizione, che evoca la surreale e fantastica serie tv “Streghe”, chi sono nella realtà gli “angeli della morte”? Si tratta di feroci serial killer che operano in ambito sanitario o parasanitario (ad esempio Rsa, case di riposo, centri per anziani) e che uccidono le persone affidate alla loro assistenza. Statisticamente la magna pars è costituita da infermieri, ma non mancano i medici. Si tratta di individui di entrambi i sessi, profondamente disturbati, solitari e introversi, spesso di mezza età, che in genere svolgono malvolentieri il proprio lavoro, fatto questo che procura loro frustrazione e rabbia. Quando vengono individuati, catturati e inchiodati alle loro responsabilità adducono quasi sempre una motivazione di tipo “compassionevole” per i loro omicidi. In realtà, la compassione non c’entra nulla. È la psicopatologia che li pervade che funge da genesi criminogena per una tale tipologia seriale di crimine abietto. Di solito il primo omicidio è di tipo colposo nel senso che – per sovraccarico di lavoro, stress, esaurimento psico-fisico (fenomeno conosciuto come sindrome da burnout) –commettono un errore in termini di medicinali somministrati, dal punto di vista quantitativo (sovradosaggio) o qualitativo (sbagliando sostanza). Dopo questo incidente avvertono per la prima volta un senso di ebrezza e di potere. Scatta così in loro l’impulso a ripetere l’atto, questa volta in modo doloso. Si innesca quindi una spirale di omicidi che va avanti per anni, se non addirittura per decenni. Passano da una struttura all’altra per eludere i sospetti e prediligono i reparti ospedalieri ad alta mortalità (come le unità di rianimazione), dove purtroppo la morte è un evento comune e non desta allarme. Talvolta, in casi dubbi, possono fruire dell’omertà delle direzioni degli istituti, le quali hanno tutto l’interesse a far sì che non trapelino notizie del genere. Con il trascorrere del tempo si perfezionano sempre di più, riuscendo in alcuni casi a commettere anche un centinaio di omicidi. Per questo vengono annoverati fra i più prolifici serial killer in assoluto. Poter somministrare la morte a proprio arbitrio li eleva a una dimensione di narcisismo patologico di tipo megalomaniaco. Si dice infatti che questi individui maturino il “complesso di Dio”, vale a dire un senso di onnipotenza assoluta.   Di Antonio Leggiero

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