Condannato in primo grado con rito abbreviato per violenza sessuale di gruppo, e quindi per la giustizia italiana innocente fino a sentenza definitiva. Ma nella vicenda del centrocampista del Genoa Manolo Portanova a entrare in scena è stata la tifoseria, che si è schierata contro l’ipotesi di vederlo in campo. Era ed è a disposizione dell’allenatore Gilardino, ma sui social è stato subito chiaro che in molti non avrebbero gradito vederlo giocare.
E così, mentre la società è rimasta in silenzio, sembra che sia stata proprio questa mobilitazione dei tifosi a dare un input decisivo al tecnico, che alla fine l’ha spedito in tribuna.
Se Portanova sia o meno colpevole del reato di cui è accusato la giustizia deve ancora stabilirlo, vale fino a condanna definitiva la presunzione di innocenza. Esiste però qualcosa che va al di là di questo, un ragionamento di opportunità che alla fine ha giustamente prevalso. Anche perché erano già pronti striscioni di protesta realizzati dagli stessi tifosi del Genoa. Per lui scendere in campo per essere contestato non sarebbe stato piacevole. E considerato il tipo di accuse che pendono sulla sua testa, qualsiasi scelta diversa avrebbe lasciato intendere uno schierarsi pro o contro di lui.
Più corretto è stato invece alla fine l’atteggiamento di Gilardino, che non condanna al posto dei giudici ma neanche ignora ciò che è scritto su tutti i giornali. A dimostrazione che talvolta un passo indietro è più utile di prese di posizione a priori.
di Annalisa Grandi
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