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Inquirente, poi politico, ora giudicante

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Il caso di Catello Maresca, sostituto procuratore presso la Procura di Napoli ha deciso di candidarsi anche come Sindaco. Eppure il buonsenso glielo dovrebbe sconsigliare.

Inquirente, poi politico, ora giudicante

Il caso di Catello Maresca, sostituto procuratore presso la Procura di Napoli ha deciso di candidarsi anche come Sindaco. Eppure il buonsenso glielo dovrebbe sconsigliare.
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Inquirente, poi politico, ora giudicante

Il caso di Catello Maresca, sostituto procuratore presso la Procura di Napoli ha deciso di candidarsi anche come Sindaco. Eppure il buonsenso glielo dovrebbe sconsigliare.
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Che cos’è il diritto se non l’insieme di regole scritte che garantiscono il funzionamento ordinato di una società, prevenendo così ogni abuso o arbitrio? E qual è il compito di un magistrato, se non quello di applicare le norme non solo in maniera imparziale ma anche apparendo tale? Ecco perché inquieta il caso del magistrato Catello Maresca. Sostituto procuratore presso la Procura di Napoli, decide di cambiare mestiere e di candidarsi a Sindaco della città nella quale ha svolto un’attività così delicata. Il buonsenso glielo dovrebbe sconsigliare ma purtroppo non è ancora divenuto materia di studio. Messosi in aspettativa, guida la coalizione di centrodestra. La stessa che dice di battersi per l’autonomia della magistratura dalla politica. Alcune liste che lo appoggiano vengono dichiarate inammissibili per essere state presentate dopo i termini di legge. Maresca contesta la decisione («Formalismi di diritto desueti»), ricorre al Tar e perde. Di lì a poco perde anche le elezioni e si trova a guidare l’opposizione in Consiglio comunale. Una prospettiva deludente, che lo spinge a chiedere di rientrare nei ranghi dell’ordine giudiziario, senza però abbandonare lo scranno da consigliere. Magistrato dal lunedì al giovedì, politico dal venerdì alla domenica? L’altro giorno il Csm – con 11 voti a favore e 10 astenuti – lo ha accontentato, nominandolo giudice di Corte d’Appello a Campobasso. Cosa deve ancora succedere perché si ponga fine allo scempio dell’autoscreditatosi organo di autogoverno della magistratura? di Vittorio Pezzuto

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