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Forse è giunto il tempo di un Papa italiano

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Gli ultimi tre pontefici sono stati tutti stranieri. Proprio in forza di questa terna, il prossimo Papa potrebbe ritornare a essere un italiano

Papa italiano

Forse è giunto il tempo di un Papa italiano

Gli ultimi tre pontefici sono stati tutti stranieri. Proprio in forza di questa terna, il prossimo Papa potrebbe ritornare a essere un italiano

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Forse è giunto il tempo di un Papa italiano

Gli ultimi tre pontefici sono stati tutti stranieri. Proprio in forza di questa terna, il prossimo Papa potrebbe ritornare a essere un italiano

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È inutile girarci intorno: il nome del successore di Francesco è solo in mente Dei. Ogni tentativo di individuare il nuovo pontefice prima che si chiudano le porte della Cappella Sistina e inizi il Conclave è votato all’inanità. Come in un lancio di dadi – ma è notorio che Dio non gioca a dadi e giammai i cardinali alle prese con i calcoli elettorali – tutto può accadere. Basterebbe ricordare la storia degli ultimi due pontificati: nessuno poteva immaginare che Joseph Ratzinger – Benedetto XVI – si sarebbe dimesso, che il suo successore sarebbe venuto «dalla fine del mondo» e sarebbe stato il gesuita Jorge Mario Bergoglio, e che in Vaticano ci sarebbero stati addirittura due Papi contemporaneamente. Se qualcuno lo avesse detto si sarebbe sentito rispondere di confondere la Chiesa del terzo millennio con il tempo della “cattività avignonese” o d’aver visto troppi film di Paolo Sorrentino.

Forse è proprio questa la particolarità della nuova elezione papale: il prossimo pontefice non sarà soltanto il successore del Papa bensì il successore dei due Papi precedenti. Come se – e la semplificazione porta con sé qualcosa di vero – i due ultimi pontefici rappresentassero i due volti della Chiesa di Roma: la prima più tradizionalista e la seconda più innovatrice, la prima più occidentale e la seconda più orientale. Sempre che nel frattempo queste ‘categorie’ non siano invecchiate fino a essere anacronistiche.

Affidandosi un po’ alla storia, giacché la Chiesa è pur sempre un’istituzione storica fatta e retta dagli uomini, si può notare che gli ultimi tre pontefici sono stati tutti stranieri e che, proprio in forza di questa terna, il prossimo vescovo di Roma potrebbe ritornare a essere un italiano. Sarebbe, per quanto possa apparire paradossale, una piccola rivoluzione perché il ritorno di un italiano sul soglio di Pietro dopo quasi mezzo secolo è a suo modo rivoluzionario. In tal caso i nomi più probabili sarebbero due: Matteo Maria Zuppi – che ha 69 anni e guida la Cei – e Pietro Parolin, che di anni ne ha 70, è segretario di Stato e da più parti è visto come il successore naturale di Bergoglio.

Avranno i voti necessari e sufficienti? Nessuno lo sa, mentre ciò che si sa è che per uscire Papa dal Conclave ci vogliono i 2/3 dell’assemblea cardinalizia ossia non meno di 91 voti su 136 votanti. Il fatto che la maggioranza dei cardinali sia stata creata dallo stesso Francesco – che era francescano ma anche gesuita – potrebbe deporre bene per il diplomatico Pietro Parolin. 

E tuttavia è fin troppo facile ripetere che chi entra Papa in Conclave ne esce cardinale. Le vie del Signore sono infinite e facilmente le carte in tavola si possono cambiare anche all’ultimo momento. Così tra Zuppi e Parolin potrebbe spuntare il nome di un terzo italiano: Pierbattista Pizzaballa, appena 59 anni, patriarca latino di Gerusalemme che pensando alla guerra in Terra Santa ha detto «Niente tornerà più come prima». E che sulla stessa Chiesa, che sia in crisi o no, ha osservato come il problema non sia se ha rilievo o meno, ma se ha davvero qualcosa da dire.

Ai nomi dei tre italiani si possono aggiungere altri e non pochi nomi di autorevoli cardinali che provengono dall’Asia, dall’America, dall’Africa e che si dividono secondo lo schema sopra evocato: innovatori o tradizionalisti, aperti a confermare e continuare le riforme di Francesco o più propensi a rallentare e ritornare sui passi di una storia bimillenaria. Una Chiesa tutta mondana o una Chiesa ultramondana, una Chiesa fisica o una Chiesa metafisica. Ma qualcosa ci dice che sono dilemmi privi di senso. 

C’è stato un tempo in cui la civiltà era nella Chiesa ed era la Chiesa, mentre oggi la Chiesa è nella civiltà ma – ecco il punto – in una civiltà in gran subbuglio che ha pur bisogno di punti di riferimento chiari e saldi. Gli stessi punti di riferimento di cui ha bisogno la Chiesa di Roma, questa monarchia elettiva millenaria che deve custodire nientemeno che la libertà spirituale o la salvezza delle anime.

di Giancristiano Desiderio

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