Cultura sportiva cercasi
Si aggira il fantasma del processo fra le donne e gli uomini della delegazione italiana alle Olimpiadi di Tokyo.
Cultura sportiva cercasi
Si aggira il fantasma del processo fra le donne e gli uomini della delegazione italiana alle Olimpiadi di Tokyo.
Cultura sportiva cercasi
Si aggira il fantasma del processo fra le donne e gli uomini della delegazione italiana alle Olimpiadi di Tokyo.
Si aggira il fantasma del processo fra le donne e gli uomini della delegazione italiana alle Olimpiadi di Tokyo.
Perché noi siamo così (e non è sempre bello): mentre scrivo, siamo a quota 22 medaglie, appena sei podi dal bottino di Rio 2016 con ancora molti giorni di gara e tante opportunità di vittoria davanti.
Eppure, il diluvio di bronzi, in questo momento a quota 13, rispetto agli appena – si fa per dire, sia chiaro – due ori, conditi da sette argenti, ha già avviato la macchina del processo per un presunto semi-fallimento della spedizione azzurra in Giappone.
La cultura sportiva del nostro paese resta rasoterra e sembra non esserci nulla da fare. Passano gli anni, si prova a raccontare, spiegare l’immenso sacrificio che c’è dietro non diciamo neppure il podio olimpico, ma una finale o la stessa partecipazione ai Giochi.
Non certo in ossequio all’ideale (alquanto frainteso) de barone De Coubertin, ma perché il livello di competizione continua ad elevarsi, avversari arrivano da ogni dove e le medaglie possono premiare anche Paesi che non molto tempo fa avrebbero fatto poco più che folklore alla cerimonia inaugurale. Pensate alla magnifica storia delle due medaglie della minuscola San Marino, un romanzo sportivo.
Tutto questo è un bene, frutto maturo e altamente positivo della globalizzazione.
Tener botta ed esserci sempre nonostante tutto, questo è per l’Italia motivo di enorme soddisfazione. Meglio, dovrebbe essere, perché noi amiamo imbastire processi a metà dell’opera. Criticare dal divano, appena dismessa la tuta da Commissari Tecnici della Nazionale di calcio. Rileggetevi cosa ha dichiarato Simona Quadarella, dopo il bronzo negli 800: “Questa medaglia vale più di qualsiasi altra cosa”. Punto. Troppi soloni, però, anche fra chi esperto lo è per davvero. In questo caso, il discorso si fa molto diverso e meno ingenuo: un bronzo al posto dell’oro può essere l’occasione perfetta per regolare vecchi conti e consumare qualche vendetta di sapore strettamente personale. Uno spettacolo abbastanza indecoroso, mentre dovremmo soltanto alzarci in piedi e applaudire ragazze e ragazzi che ci stanno facendo fare una figura sontuosa al cospetto del mondo. Lo voglio scrivere oggi, molto prima di poter stilare bilanci definitivi. Di Fulvio GiulianiLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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