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Deficit e debito pubblico in calo

Le cose in Italia vanno così male che sono in calo sia il deficit sia il debito, cruciale per il peso che avrà nelle scelte del futuro governo.
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Le cose in Italia vanno così male che sono in calo sia il deficit sia il debito, cruciale per il peso che avrà nelle scelte del futuro governo.
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Le cose in Italia vanno così male che sono in calo sia il deficit sia il debito, cruciale per il peso che avrà nelle scelte del futuro governo.
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Le cose in Italia vanno così male che sono in calo sia il deficit sia il debito, cruciale per il peso che avrà nelle scelte del futuro governo.
Pur senza negare nessuno dei problemi che dovremo affrontare nei prossimi mesi (a cominciare dal tema energetico), le cose in Italia vanno così male che nel suo ultimo atto tecnico il governo Draghi ha certificato una crescita del Pil superiore al previsto: 3,3% contro il 3,1%. Confermando ciò che il Fondo Monetario Internazionale aveva evidenziato, correggendo al rialzo il nostro Pil – unico fra i Paesi del G20 – nel primo semestre dell’anno. Continueremo ad andare così male… da crescere anche l’anno prossimo (+0,6%). Certo meno di quanto originariamente previsto, a causa della guerra e di un’inflazione pericolosissima se non riportata quanto prima sotto controllo. A proposito di quest’ultima, non si può però dimenticare come paradossalmente l’esplosione del costo della vita faccia bene ai conti pubblici, garantendo entrate fiscali molto più alte del previsto (a cominciare dall’Iva) e riducendo il valore del debito in termini reali. Andiamo così male, insomma, che sono in calo sia il deficit sia il debito, cruciale per il peso che avrà nelle scelte del futuro governo. A proposito, c’è chi va in giro a dire che il governo Draghi lo avrebbe fatto aumentare: la realtà è che è calato dal 150,8% del Pil nel 2021 al 145,4% indicato nella Nadef dell’altro ieri. Era previsto al 147% nel 2022. I numeri hanno questo di fastidioso: dicono la verità. Attenzione però, questo discorso vale se si continua a crescere. Se il Pil dovesse andare giù a lungo e gli interessi sul debito dovessero crescere di molto la situazione diventerebbe esplosiva. Non lo diciamo noi, è scritto nero su bianco in una severa analisi di “Bloomberg”, assoluta autorità in materia. Si diceva delle maggiori entrate fiscali, spinte anche dalla corsa dei prezzi, ed è proprio lì che va ricercata l’origine del fantasma che si aggira fra le redazioni di giornali e televisioni e nella testa di molti politici: il “tesoretto”. Non ne esiste alcuno, anche perché lascerebbe supporre di denari mantenuti ‘dormienti’ in attesa di tempi migliori. Molto più prosaicamente, sono i conti che vanno bene – ma come, non andavano malissimo? – a permetterci di contare su una cifra variabile fra i 9 e i 10 miliardi di euro. C’è chi si spinge a 20, ma probabilmente fa confusione con i fondi strutturali dell’Unione europea che non siamo riusciti a utilizzare per nostra incapacità e che adesso qualcuno vorrebbe chiedere a Bruxelles per poter aiutare aziende e famiglie a pagare le bollette. Richiesta che nella migliore delle ipotesi farebbe sollevare più di un sopracciglio. “Tesoretti” a parte, la fredda fotografia dei conti scattata da Mario Draghi e dal ministro dell’Economia Franco non inchioda il futuro governo proprio a un bel niente, come sostiene chi fa della sospetta propaganda preventiva. Molto più banalmente ricorda lo status quo, la realtà più volte richiamata su queste pagine. Si può scegliere di analizzarla e rispettarla, garantendo all’Italia di continuare in un percorso di crescita fenomenale nel 2021, sorprendente nel 2022 e da rivitalizzare nel 2023 (ricordando che nel 2024 è comunque stimata a +1,8% e nel 2025 a +1,5%). Oppure scegliere le avventure dei propagandisti di sventura, che continuano a descrivere l’Italia come un Paese straccione e quel che è peggio a pretendere che si comporti come tale, in un’incomprensibile corsa alle peggiori profezie autoavverranti. Dall’indicazione-chiave del nuovo ministro dell’Economia e dalla distribuzione dei pesi e delle responsabilità fra i partiti della maggioranza capiremo molto dell’indirizzo del presidente del Consiglio in pectore Giorgia Meloni e del suo partito. È da queste scelte e da quelle che fra un mese caratterizzeranno la prima legge di bilancio del governo che si “parrà la nobilitate” di chi è stato scelto dagli elettori. Compresa la capacità di equilibrare le esigenze dei conti pubblici e la fondamentale spinta alla crescita di cui scrivevamo con l’antico statalismo caro all’anima più profonda di Fratelli d’Italia. Tanto per chiarire che il problema non sarà sicuramente solo l’agitarsi dell’inquieto Matteo Salvini. Di Fulvio Giuliani

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