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Fisco

Prelavati: governo, fisco ed evasori

Quel che i contribuenti renitenti devono al fisco ammonta alla spettacolare cifra di 1.153 miliardi di euro
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Prelavati: governo, fisco ed evasori

Quel che i contribuenti renitenti devono al fisco ammonta alla spettacolare cifra di 1.153 miliardi di euro
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Prelavati: governo, fisco ed evasori

Quel che i contribuenti renitenti devono al fisco ammonta alla spettacolare cifra di 1.153 miliardi di euro
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Quel che i contribuenti renitenti devono al fisco ammonta alla spettacolare cifra di 1.153 miliardi di euro

Perseguire il contribuente disonesto e costringerlo a pagare il dovuto è nell’interesse del contribuente onesto, che già paga e finanzia le spese collettive. Disporre di strumenti adatti per riuscirci è importante quanto averne di efficaci e tempestivi per stabilire chi sia onesto e chi no, quali somme siano dovute e quali no. Devono, insomma, essere salvaguardati due fondamentali princìpi: il dovere di ciascuno di contribuire alle spese generali e il diritto di ciascuno di non venire accusato e impoverito ingiustamente.

Prima di arrivare a quanto previsto dalla bozza di bilancio, quindi alla possibilità delle autorità fiscali di prelevare direttamente i soldi dai conti bancari dei contribuenti, sarà bene disporre di qualche parametro che consenta di capire in che situazione siamo.

Quel che i contribuenti renitenti devono al fisco ammonta alla spettacolare cifra di 1.153 miliardi di euro. Se li si incassasse non dovremmo più parlare del debito pubblico (attualmente nell’intorno dei 2.900 miliardi), avendolo abbondantemente ricondotto a dimensioni gestibili. Ma non li si incasserà perché non sono incassabili: non sono esigibili, facendo capo a morti, falliti e nullatenenti. Vera o falsa che sia quest’ultima condizione. Se si riuscirà a incassarne 100 miliardi – ovvero meno del 10% – sarà già un successo.

La Commissione europea ha pubblicato un rapporto sull’evasione dell’Iva in tutta Ue. L’evasione complessiva ammonta a 61 miliardi. Il Paese in cui si evade di più è l’Italia, per 14,6 miliardi (dato riferito al 2021). Vero è che siamo anche il Paese che è riuscito (fra il 2020 e il 2021) a recuperarne di più, ma restiamo saldamente nella vergognosa posizione di campioni dell’evasione fiscale. Una tale dimensione di massa significa che non ci sono soltanto i casi estremi, ma siamo in presenza di una patologia diffusa, divenuta anche motteggio popolare: «Signora, faccio con o senza Iva?». L’evasione dell’Iva segnala a sua volta una mancata fatturazione, quindi un’evasione dell’imposta sui redditi e un uso fraudolento dei pagamenti in contanti. Un pantano, rispetto al quale il minimo di bonifica consiste nell’imporre che chiunque voglia fare pagamenti tracciati possa farlo, per qualsiasi cifra. Il governo Meloni, purtroppo, partì affermando il contrario, facendo da spalla agli evasori diffusi di Iva e Irpef.

Ora nella legge di bilancio s’usa il linguaggio della severità. Ed è un bene. Ma attenzione: cosa succede se il contribuente considera ingiusta, infondata o illegittima la pretesa del fisco? Presenta ricorso. In quello stadio dovrebbe essere chiaro che è compito dell’amministrazione dimostrare che si tratta di un evasore, non del cittadino dimostrare d’essere onesto e adempiente. Purtroppo non è così che stanno le cose e chi ci è passato può descrivere nel dettaglio il sopruso dell’inversione (senza contare le spese che si affrontano, in un confronto di quel tipo). In ogni caso il ricorso deve poter avvenire prima delle misure coercitive e non dopo. L’articolo 23 della bozza di legge di bilancio dice che il pubblico ufficiale notifica alla banca o all’operatore finanziario l’ordine di procedere «senza indugio» al trasferimento delle somme, dovendolo notificare «anche al debitore non oltre trenta giorni dalla notifica alla banca». Cioè si fa prima a saperlo dalla banca: gentile cliente, le abbiamo tolto i soldi su ordine del fisco, la smetta di usare il bancomat. A quel punto si può fare ricorso, sperando che il professionista cui ci si rivolge non voglia un versamento in anticipo.

La severità è bella, ma richiede che l’occhio del fisco non sia guercio. A proposito di banche: come volevasi dimostrare la supertassa sui demoniaci extraprofitti s’avvia sul viale del mesto tramonto, giacché avere cercato di coprirne l’illegittimità con l’esclusione dalla tassazione delle somme portate a riserva ha spinto le banche a farlo immantinente, lasciando teste e lische da tassare. È bene essere severi con gli evasori, ma si deve saperlo fare.

di Davide Giacalone

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