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Turbamenti, da Generali a Unicredit

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L’Assemblea di Generali si è conclusa con la riconferma del suo vertice e la prevalenza della lista presentata dal suo maggior azionista, Mediobanca

Turbamenti, da Generali a Unicredit

L’Assemblea di Generali si è conclusa con la riconferma del suo vertice e la prevalenza della lista presentata dal suo maggior azionista, Mediobanca

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Turbamenti, da Generali a Unicredit

L’Assemblea di Generali si è conclusa con la riconferma del suo vertice e la prevalenza della lista presentata dal suo maggior azionista, Mediobanca

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Le vicende finanziarie possono essere seguite tenendo d’occhio gli equilibri e i quattrini o anche usando le trame degli intrighi, delle alleanze e dei tradimenti, come è comprensibile che faccia una parte della pubblicistica. Quel che è importante è che la scena si svolga senza raggiri e violazioni del diritto, altrimenti il danno arriva in tasca a quelli che neanche seguono la rappresentazione: i risparmiatori. Ed è proprio il diritto che sembra essere divenuto materia di turbativa.

L’Assemblea di Generali si è conclusa con la riconferma del suo vertice e la prevalenza della lista presentata dal suo maggior azionista, Mediobanca. Tutto come prima. Ma la quiete è solo apparente, perché quest’Assemblea era soltanto il preludio della battaglia campale che si svolgerà in occasione dell’Assemblea Mediobanca, oggi sotto scalata del Monte dei Paschi di Siena. Ovvero di una banca a prevalente capitale pubblico e che i soldi dei contribuenti hanno recentemente salvato dal fallimento. Finché il gioco è regolare si può ben seguirlo con passione oppure attenderne l’esito, come anche disinteressarsene. Ma capitano cose curiose.

Nella versione un po’ da opera dei pupi all’Assemblea Generali si confrontavano gestori facenti capo al mondo di Mediobanca e scalatori dati per vicini al governo o alla romanità (qualsiasi cosa significhi) come Caltagirone e Milleri (Luxottica). Epperò Unicredit, che dal governo ha ricevuto un duro e non leale colpo, si è schierata con gli scalatori. Vero che Orcel, alla guida di Unicredit, sapeva che avrebbero perso, ma il gesto viene letto come un ‘segnale’ (qualsiasi cosa significhi) al governo. Ed è proprio questo il punto: il governo non dovrebbe entrarci per niente.

Invece non solo il governo c’entra, ma lo fa a gamba tesa e in visibile fallo. Abbiamo già osservato che l’uso del golden power, per imporre condizioni surreali alla scalata di Unicredit verso Bpm, è a dir poco ardito. E abbiamo già dato conto di una cosa assai grave, ovvero che da dentro al governo e con un suo vice presidente (Tajani) si è fatto giustamente osservare che l’uso di quello strumento manca di base giuridica. Ovvero è infondato e illegittimo.

Ma la cosa paradossale è che le condizioni di cui al golden power sono state immediatamente notificate, il 18 aprile, allo scalatore (Unicredit) e allo scalato (Bpm) ma non alla Banca d’Italia, alla Banca centrale europea e alla Commissione europea. La notifica ai privati ha preceduto la non ancora avvenuta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Alla mancanza di base giuridica sembra quindi accompagnarsi la mancanza di forma giuridica. Intanto l’Offerta pubblica di scambio parte lunedì prossimo (28). Nella nebbia.

Un atto comunicato a tutti e notificato a due, che turba la regolarità del mercato e consente di leggere le decisioni di una grande banca come se fossero mosse politiche finalizzate a relazionarsi con il governo o con le sue divisioni interne. E tutto questo raccontato senza avvertire che si tratta di una cosa di monumentale gravità. Sempre sobriamente parlando.

di Davide Giacalone

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