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I benefici durevoli dei fondi europei e del Pnrr

Intervista a Francesco Giavazzi: “Nella parte più importante del Piano, e cioè le riforme, i risultati sono sorprendentemente buoni”

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I benefici durevoli dei fondi europei e del Pnrr

Intervista a Francesco Giavazzi: “Nella parte più importante del Piano, e cioè le riforme, i risultati sono sorprendentemente buoni”

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I benefici durevoli dei fondi europei e del Pnrr

Intervista a Francesco Giavazzi: “Nella parte più importante del Piano, e cioè le riforme, i risultati sono sorprendentemente buoni”

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Intervista a Francesco Giavazzi: “Nella parte più importante del Piano, e cioè le riforme, i risultati sono sorprendentemente buoni”

Altro che brontolare alle urne. Bruxelles andrebbe ringraziata, per il suo nuovo approccio verso i Paesi membri. E per i fondi messi a loro disposizione, come per il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il cui effetto sulla vita reale oggi si può analizzare col senno – e coi dati – di poi. È il tema di un nuovo studio di Chiara Goretti e Francesco Giavazzi pubblicato dal Centre for Economic Policy Research: “Il Pnrr italiano sta funzionando o è soltanto un altro spreco di denaro?” si domandano gli autori. Risposta netta: «Nella parte più importante del Piano, e cioè le riforme, i risultati sono sorprendentemente buoni» spiega Giavazzi a “La Ragione”. «Se ne parla da tempo, ma finora senza evidenze su cui valutarli. Ora che cominciano a uscire, emerge una panoramica. Giustizia, appalti, energia: siamo di fronte a migliorie durevoli. Le spese del Pnrr si prosciugano nel 2026. Le riforme invece restano».

Questa è la grande differenza, tra Pnrr e semplici iniezioni di liquidità nell’economia. Secondo recenti stime, i 191,5 miliardi di euro per l’Italia equivalgono, nei sei anni di attuazione del Piano, a circa il 12% del Pil di inizio periodo. «Sapere gestire questi fondi, attraverso riforme efficaci, permette di estenderne l’effetto positivo anche a dieci o più anni» sottolinea Giavazzi, già consigliere economico dell’ex presidente del Consiglio Draghi. «Per questa indagine ci siamo basati soltanto sui dati di settore, pubblicati dallo scorso dicembre con cadenza trimestrale. E nelle quattro macro-aree analizzate vanno tutti nella stessa direzione». Ad esempio, la riforma del sistema giudiziario ha già permesso una significativa diminuzione dei tempi della giustizia: il numero di procedimenti in ritardo è calato sia in sede civile (-46%) sia penale (-25%). «E ci sono ulteriori margini di miglioramento» dice il professore di Economia politica alla Bocconi. Più snelli ed efficaci anche gli appalti pubblici, grazie al nuovo Codice e al relativo sistema di valutazione: meno stazioni appaltanti (ridotte a 4.800 totali) significano maggiore trasparenza e aggregazione attorno ai grandi committenti. Colpisce inoltre il settore dell’acqua pubblica, che soprattutto al Sud sta beneficiando delle economie di scala innescate dalle riforme. E quello di elettricità e gas naturale: la nuova normativa antitrust ha ridotto la quota di mercato dell’operatore dominante (Enel) offrendo nuove scelte ai consumatori.

Dov’è che invece il Pnrr lascia meno il segno? «Su lavoro e istruzione i pochi dati a disposizione non sono entusiasmanti» continua Giavazzi. «Le strutture dei relativi Ministeri sono inefficienti e per mettere in moto le riforme serve buona amministrazione. Per la scuola temo inoltre che le riforme non seguiranno gli investimenti». Non è solo questione di governo. «Quello attuale ha perso quasi un anno per cambiare gli addetti ai lavori per il Pnrr. Poi però è ripartito: oggi il ministro Fitto sa che il suo futuro dipende dalla gestione dei fondi». E anche quello dell’Italia. «L’abbinamento tra riforme e investimenti è la vera novità del Piano. La Commissione europea ci lavorava da anni: occhi condiscendenti verso la politica fiscale, a patto di interventi strutturali».

Da sorvegliante burbero a persuasore collaborativo. Si percepisce nell’opinione pubblica, il cambio di rotta di Bruxelles? «Purtroppo no. Per colpa di chi non è riuscito a comunicarlo e anche della nostra classe politica. Ci vuole tempo per restaurare la fiducia coi cittadini. Ma il risultato di queste riforme farà la differenza nella vita di tutti i giorni». Peccato che le elezioni siano dietro l’angolo. E che la campagna elettorale proprio non se ne sia occupata.

di Francesco Gottardi

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