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La calamita lavoro da sola non basta ad attirare le risorse necessarie

Il disequilibrio tra domanda e offerta sul mercato del lavoro è sempre più accentuato. A mancare sono professionalità elevate, specialmente in Meridione. Gli investimenti però sembrano andare nella direzione sbagliata.
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La calamita lavoro da sola non basta ad attirare le risorse necessarie

Il disequilibrio tra domanda e offerta sul mercato del lavoro è sempre più accentuato. A mancare sono professionalità elevate, specialmente in Meridione. Gli investimenti però sembrano andare nella direzione sbagliata.
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La calamita lavoro da sola non basta ad attirare le risorse necessarie

Il disequilibrio tra domanda e offerta sul mercato del lavoro è sempre più accentuato. A mancare sono professionalità elevate, specialmente in Meridione. Gli investimenti però sembrano andare nella direzione sbagliata.
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Il disequilibrio tra domanda e offerta sul mercato del lavoro è sempre più accentuato. A mancare sono professionalità elevate, specialmente in Meridione. Gli investimenti però sembrano andare nella direzione sbagliata.
Gli economisti e quelli che hanno fatto le scuole alte lo chiamano mismatch. Il termine inglese indica il disequilibrio fra domanda e offerta sul mercato del lavoro. In parte esiste un po’ in tutto il mondo perché è un fenomeno abbastanza fisiologico. Ma entro certi limiti, appunto. In Italia, invece, la situazione sta diventando sempre più critica. Perché proprio in seguito al forte rimbalzo del Pil (destinato, per fortuna, a continuare nel 2022 e anche nei prossimi anni, trainato dagli investimenti del Next Generation Eu), la richiesta di manodopera  e di risorse umane specializzate è destinata a crescere. E non solo nell’edilizia ‘drogata’ dal superbonus 110%, nella logistica, nella ristorazione e nel turismo (appena il Covid darà un po’ di respiro e di ossigeno alla ripresa di questi settori) ma anche per quanto riguarda meccanici, ingegneri e tecnici digitali. Forse è anche per questo che si leggono titoli del tipo: “Sei imprese su dieci a caccia di addetti”. Il fenomeno non riguarda solo l’Italia. In tutto il mondo occidentale, nonostante i tassi di disoccupazione siano diversi (come pure il welfare), la carenza di addetti si fa sentire, come hanno spiegato molto bene Luca Ricolfi e Luca Princivalle (Fondazione David Hume) su “La Ragione” di mercoledì 26 gennaio. Il tema rimane comunque scivoloso (e spesso legato a una falsa socialità), anche perché si continuano a spendere quattrini per sostenere il ‘non lavoro’ e ‘il posto’ invece di investirli nelle politiche attive per sostenere ad esempio la formazione. A ben vedere, però, in realtà mancano entrambe le cose (cioè sia il lavoro, specie quello qualificato, sia i lavoratori) ma in luoghi e con qualifiche diversi. Un aiuto per ragionare su questi aspetti ci viene dai sistematici bollettini Excelsior (Unioncamere più Anpal). Inoltre un’indagine della Fondazione Nord-Est e un’analisi disaggregata fatta dal rapporto “Top 500” (sentendo le aziende) spiegano e documentano molto bene il gap fra risorse umane e fabbisogni occupazionali. In quest’area del Paese – con ad esempio Pordenone da sempre a disoccupazione zero – mancano soprattutto professionalità elevate. Ma sembra che nessuno si muova per attirarle, ad esempio favorendo gli spostamenti. La ‘calamita lavoro’, in sé e per sé, non sembra sufficiente. di Franco Vergnano

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