Tassare i ricchi può costare caro
Tassare i ricchi può costare caro, come dimostra il caso della “mansion tax” voluta dai cittadini di Los Angeles
Tassare i ricchi può costare caro
Tassare i ricchi può costare caro, come dimostra il caso della “mansion tax” voluta dai cittadini di Los Angeles
Tassare i ricchi può costare caro
Tassare i ricchi può costare caro, come dimostra il caso della “mansion tax” voluta dai cittadini di Los Angeles
Nel 2022 gli elettori della città di Los Angeles hanno approvato con il 58% dei voti la Measure Ula, la cosiddetta mansion tax, una tassa sulle transazioni immobiliari di valore elevato pensata come strumento per finanziare l’edilizia accessibile e promuovere interventi contro il fenomeno dei senzatetto. La misura prevede un’aliquota aggiuntiva del 4% per la vendita di proprietà superiori a 5 milioni di dollari e del 5,5% per quelle oltre i 10 milioni. In un primo momento l’iniziativa aveva suscitato speranze concrete: un gettito stimato tra 600 e 1.100 milioni di dollari l’anno, da destinare a programmi sociali di rigenerazione edilizia. Tuttavia, dopo tre anni di applicazione, cominciano a emergere evidenze che sollevano seri dubbi sull’efficacia e sui risultati reali oggetto dalla misura.
Un report dell’Ucla – Lewis Center for Regional Policy Studies, pubblicato nell’aprile di quest’anno, rivela che le compravendite immobiliari sopra la soglia imponibile sono precipitate fino al 50%. In particolare, il calo è stato maggiore per gli immobili commerciali, industriali e multifamiliari: proprio quelli che rappresentano le risorse necessarie per sviluppare le nuove politiche sociali legate all’offerta abitativa e al rilancio dell’economia urbana. Il crollo delle transazioni non riguarda soltanto le ville di lusso o le residenze monofamiliari, ma anche edifici a diversa destinazione: appartamenti, edifici commerciali e nuove costruzioni. La conseguenza è una frenata degli investimenti, un rallentamento dell’edilizia e un indebolimento del tessuto economico e produttivo. Ciò significa che una misura pensata per aumentare l’offerta di alloggi accessibili potrebbe avere, paradossalmente, l’effetto contrario: una diminuzione dell’offerta complessiva.
Un altro studio condotto dagli economisti dell’Università della California, dell’Università di San Diego e della Harvard University mette in luce un aspetto strutturale spesso trascurato: la fiscalità immobiliare in California lega fortemente il gettito futuro alla frequenza di compravendite. L’effetto indotto dalla Measure Ula, riducendo il turnover immobiliare, sta producendo un calo nei futuri introiti derivanti dalla tassa sulla proprietà. Al tempo stesso i numeri raccolti dall’amministrazione comunale mostrano che le entrate generate dalla mansion tax –calcolabili attorno ai 480‑500 milioni di dollari tra aprile 2023 e dicembre 2024 –restano ben al di sotto delle previsioni iniziali, come evidenziano anche gli economisti del Cato Institute, prestigioso think tank statunitense. Un recente calo nelle richieste di permessi per costruzioni multifamiliari (stimato fino al 60%) sembrerebbe confermare il trend.
I critici al piano e gli economisti concordano su un punto importante: tassare le transazioni di alto valore può offrire un sollievo immediato alle casse pubbliche, ma senza una più ampia strategia di pianificazione urbanistica, fiscale e regolamentare che incentivi, promuova e favorisca sviluppo e flessibilità, si rischia di produrre effetti opposti a quelli annunciati dall’amministrazione pubblica. Per ora la mansion tax resta in vigore, ma il dibattito è divenuto centrale nell’analisi pubblica amministrativa e politica di Los Angeles. Il timore è che – invece di promuovere il rilancio di nuove abitazioni e ridurre il problema dell’accesso alla casa – la misura possa aumentare la scarsità di offerta, rallentare la costruzione di nuove abitazioni e incidere negativamente sui servizi pubblici e sul gettito fiscale futuro.
Di Giancristiano Desiderio
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