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La politica monetaria prende sul serio l’inflazione che c’è

Il rischio inflazione preoccupa le banche centrali, da quelle nazionali alla Bce. Le strategie sono diverse: qualche ente opera riducendo gli acquisti, altri alzano i tassi di interesse.
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La politica monetaria prende sul serio l’inflazione che c’è

Il rischio inflazione preoccupa le banche centrali, da quelle nazionali alla Bce. Le strategie sono diverse: qualche ente opera riducendo gli acquisti, altri alzano i tassi di interesse.
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La politica monetaria prende sul serio l’inflazione che c’è

Il rischio inflazione preoccupa le banche centrali, da quelle nazionali alla Bce. Le strategie sono diverse: qualche ente opera riducendo gli acquisti, altri alzano i tassi di interesse.
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Il rischio inflazione preoccupa le banche centrali, da quelle nazionali alla Bce. Le strategie sono diverse: qualche ente opera riducendo gli acquisti, altri alzano i tassi di interesse.
Le banche centrali hanno cominciato a muoversi sul fronte dell’inflazione. La più decisa è stata la Federal Reserve statunitense che non ha modificato i tassi di interesse ma ha deciso di accelerare la riduzione degli acquisti di titoli di Stato, da gennaio, di 20 miliardi di dollari al mese e di mortgage-backed securities pari ad altri 10 miliardi di dollari, per calare rispettivamente a 40 e 20 miliardi al mese. La riduzione degli acquisti è doppia rispetto a quanto deciso a inizio novembre, e a marzo questi si annulleranno. Sui tassi di interesse si precisa che rimarranno stabili fino a quando il tasso di disoccupazione non tornerà a livelli coerenti con la massima occupazione, ma non viene definito un valore specifico che determinerà l’aumento dei tassi. Le previsioni indicano un aumento fino all’1% entro la fine del 2022, rispetto al livello attuale di 0,25%. Analogamente, la Banca centrale europea prevede di ridurre gli acquisti netti di attività nell’ambito del Pepp (Programma di acquisto per l’emergenza legata alla pandemia) e di interromperli alla fine di marzo 2022. Tuttavia, il Consiglio direttivo della Bce ha deciso di estendere l’orizzonte dei reinvestimenti del Pepp, reinvestendo il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nell’ambito del Pepp almeno sino alla fine del 2024. Inoltre, il Consiglio direttivo della Bce ha stabilito un ritmo mensile degli acquisti netti nel quadro del Programma di acquisto di attività (Paa) di 40 miliardi di euro nel secondo trimestre e di 30 miliardi nel terzo trimestre. A partire da ottobre 2022, gli acquisti netti avverranno a un ritmo mensile di 20 miliardi di euro fino a quando la Bce inizierà a innalzare i tassi di interesse. Allo stesso tempo, la Bce intende continuare a reinvestire integralmente il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del Paa per un prolungato periodo di tempo successivamente alla data in cui inizierà a innalzare i tassi di interesse. Al momento i tassi di interesse non vengono modificati. La Banca d’Inghilterra ha invece seguito un approccio diverso: ha alzato il suo tasso di interesse di riferimento allo 0,25% (dallo 0,10%) e ha anche deciso di lasciare inalterato il suo target di 895 miliardi di sterline per l’acquisto di asset. Le banche centrali cominciano a prendere sul serio il rischio inflazione. Il cambiamento avviene a un ritmo lento per evitare shock finanziari e sulla tempistica dei prossimi passi domina l’incertezza derivante dagli effetti della variante Omicron, che potrebbe provocare un nuovo rallentamento dell’attività economica. di Roberto Ricciuti

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