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Stellantis uscita volontaria

Lo sfoltimento di Stellantis, incentivi all’uscita volontaria

Stellantis ha siglato un accordo per l’uscita volontaria di 1.520 lavoratori. Più che disimpegno, è un processo di dismissione dall’Italia del gruppo franco-americano

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Lo sfoltimento di Stellantis, incentivi all’uscita volontaria

Stellantis ha siglato un accordo per l’uscita volontaria di 1.520 lavoratori. Più che disimpegno, è un processo di dismissione dall’Italia del gruppo franco-americano

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Lo sfoltimento di Stellantis, incentivi all’uscita volontaria

Stellantis ha siglato un accordo per l’uscita volontaria di 1.520 lavoratori. Più che disimpegno, è un processo di dismissione dall’Italia del gruppo franco-americano

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Stellantis ha siglato un accordo per l’uscita volontaria di 1.520 lavoratori. Più che disimpegno, è un processo di dismissione dall’Italia del gruppo franco-americano

Circa un miliardo di euro in incentivi dal governo Meloni per un milione di vetture elettriche da produrre negli stabilimenti italiani. Una manciata di giorni dopo, oltre mille nuovi esuberi tra Pratola Serra, Pomigliano, Cassino e Mirafiori, con il totale che si arrampica a 3.600 incentivi all’uscita volontaria (su un totale di 43mila occupati) in diversi siti produttivi. È la sceneggiatura sulla dismissione dell’automotive in Italia firmata nell’ultimo mese da Stellantis. In mezzo c’è stata anche la presentazione del restyling della Panda (la Pandina), con le frasi alla camomilla su Pomigliano «centrale» nella produzione. Invece altri 424 esuberi nel solo sito in provincia di Napoli: è il quarto accordo sulle uscite volontarie solo a Pomigliano – fa notare Fiom Napoli – con 70-80mila euro a dipendente per firmare l’accordo. A Melfi pare che l’offerta arrivi fino a 100mila euro. A Mirafiori è stato siglato un accordo sulle uscite volontarie (2mila) un anno fa: ora un altro scivolo da 1.520 dipendenti, distribuito in 21 società del gruppo presenti sul territorio, su un bacino di 12mila addetti complessivi. Lo stabilimento torinese è mezzo vuoto: uno dei sindacati dell’auto (Unionquadri) ha proclamato uno sciopero per il 12 aprile. Il primo in 15 anni

Più che disimpegno, è un processo di dismissione dall’Italia del gruppo franco-americano (18,6 miliardi di euro di utile netto nel 2023, +22% rispetto all’anno precedente, con un +7,1% da record nelle vendite in Europa), nonostante gli incentivi prima invocati all’esecutivo Meloni dall’amministratore delegato del gruppo Carlos Tavares, poi ottenuti (la pubblicazione ufficiale degli incentivi auto 2024 è prevista per la prima metà di aprile) e che dovrebbero essere utilizzati per la produzione di auto elettriche, spingendo anche il governo a non cercare un secondo player di auto elettriche da portare in Italia. C’è un tavolo fissato per il 4 aprile al Ministero del Made in Italy per affrontare la questione di un intero settore che, in Italia in particolare, sta attraversando una profonda crisi anche dovuta alle scelte strategiche di disimpegno da parte di Stellantis. Per ora il gruppo fa da sé, tra ammortizzatori sociali e incentivazione all’uscita, con altre centinaia di esuberi. Altro che concertazione, la vicenda somiglia alla sceneggiatura di “Prendi i soldi e scappa”, il film di Woody Allen del 1969 che evidentemente invecchia bene. 

Stellantis giustifica il piano con le difficoltà di adattamento alla fase di transizione energetica e tecnologica che si riflette sull’occupazione, per il quale tra l’altro settimane fa ha sollecitato (e ottenuto) l’aiuto governativo evitando il rischio di tracollo per gli stabilimenti di Pomigliano e Mirafiori. I soldi arrivano e anche gli esuberi, perfino negli stabilimenti dove non c’è crisi di modelli. Come alla Sevel di Adessa (Chieti), che produce veicoli commerciali. Anche lì per Stellantis ce ne sono 24 in sovrannumero, con sigle sindacali come la Fiom che non ha firmato l’accordo per le uscite volontarie incentivate, mentre hanno approvato Fim Cisl, Uilm, Fismic, Ugl e Agenquadri, cioè i sindacati firmatari del Contratto collettivo specifico di lavoro (Ccsl) dai tempi di Sergio Marchionne. A Cassino invece nessun accordo: troppi 850 esuberi (c’è già stato un calo di 2mila unità negli ultimi 24 mesi), prima dell’intesa poi trovata a quota 250, con preoccupazioni forti sul destino dell’indotto.

di Nicola Sellitti

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