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Napoli piange ma Milano non ride

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Milano e Napoli: due città diverse, accomunate in questi giorni dall’apertura di nuove linee metropolitane. Peccato per i numerosi problemi tecnici e la moria di dipendenti

Napoli piange ma Milano non ride

Milano e Napoli: due città diverse, accomunate in questi giorni dall’apertura di nuove linee metropolitane. Peccato per i numerosi problemi tecnici e la moria di dipendenti

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Napoli piange ma Milano non ride

Milano e Napoli: due città diverse, accomunate in questi giorni dall’apertura di nuove linee metropolitane. Peccato per i numerosi problemi tecnici e la moria di dipendenti

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C’è già stato un piccolo problema tecnico il giorno dopo l’inaugurazione (avvenuta sabato scorso davanti al sindaco Beppe Sala e al ministro dei Trasporti Matteo Salvini), ma l’attesissima nuova linea della metropolitana di Milano è ufficialmente operativa, questa volta per intero. A luglio 2023 l’apertura di una prima metà del percorso, quello che collega il centro all’aeroporto di Linate in appena 12 minuti; da tre giorni invece è ufficialmente completata l’intera tratta, costituita da 21 fermate, dopo anni di ritardi e rimandi legati alla pandemia e agli scavi che all’interno della cerchia dei Navigli hanno riportato alla luce antichi reperti di epoca romana.

Se su strada alcuni punti risultano ancora dei cantieri a cielo aperto, in profondità sfreccia un treno ogni 90 secondi, senza guidatore. Un servizio che si somma alle altre quattro linee già esistenti e che faciliterà ulteriormente la già buona mobilità dei milanesi e dei pendolari che ogni giorno si riversano in città. Come se non bastasse, il primo cittadino – a margine dell’inaugurazione – ha detto di sognare anche una sesta linea (la M6), nonostante ci siano persone che ormai da decenni attendono il prolungamento di quelle già esistenti: a cominciare dalla 1 (la prima a essere costruita) a cui basterebbero appena un paio di chilometri in più per raggiungere Monza, popolosa da fare addirittura provincia e benestante.

Tutto ciò è nulla però in confronto alla pazienza che devono avere i napoletani in tema di trasporti. Anche il capoluogo campano, infatti, ha da poco una nuova linea della metropolitana, la L6 (vi risparmiamo i ragionamenti che hanno determinato la scelta della numerazione delle linee, vi basti sapere che la prima mai costruita a Napoli si chiama L2 e non, come sarebbe stato più logico, L1). Dallo scorso 17 luglio i 911.697 abitanti della città partenopea possono avvantaggiarsi delle 8 stazioni disseminate lungo il tratto che va da Fuorigrotta a Piazza del Municipio. Questo però solo dalle 7.30 alle 15.30, ogni 14 minuti, perché non ci sono abbastanza capistazione e macchinisti per guidare i treni. Chiunque dovesse aver bisogno di coprire quella tratta in orari diversi può fare solo una cosa: attaccarsi al tram, per restare in tema.

Il problema della ‘moria’ di addetti non riguarda però soltanto la città di Napoli ma è ormai diffuso su tutto il territorio. Atm (la società che gestisce i trasporti milanesi) sta correndo ai ripari mettendo a disposizione dei neoassunti anche degli alloggi da condividere. Il costo della vita in città è diventato così elevato che un solo stipendio non basta più se si deve pagare anche un affitto. E pensare che c’è stato un tempo, nemmeno così lontano, in cui fare l’autista per le municipalizzate era una delle posizioni più ambite: un posto di lavoro sicuro e la possibilità di mantenere con il proprio salario tutta la famiglia. Le persone emigravano al Nord per ricoprire la posizione di tranviere a Milano.

Oggi, per cercare di ovviare al problema, si realizzano metropolitane senza guidatori, circostanza che probabilmente si sarebbe dovuta mutuare anche a Napoli, perché un treno che passa ogni quarto d’ora e solo fino al primo pomeriggio (dopo lavori durati dieci anni e più) non si può certo definire un servizio alla cittadinanza e nemmeno ai tanti turisti che la metro vorrebbero visitarla, attratti dalla sua bellezza artistica a cui hanno contribuito diverse archistar. Bella è bellissima (e premiata). Peccato non funzioni molto.

di Ilaria Cuzzolin

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