Nucleare, il tempo delle scelte
Considerata la nostra esposizione al caro energia e la forte dipendenza dal gas naturale mettere un punto sul nucleare sarebbe un segnale strategico
Nucleare, il tempo delle scelte
Considerata la nostra esposizione al caro energia e la forte dipendenza dal gas naturale mettere un punto sul nucleare sarebbe un segnale strategico
Nucleare, il tempo delle scelte
Considerata la nostra esposizione al caro energia e la forte dipendenza dal gas naturale mettere un punto sul nucleare sarebbe un segnale strategico
Considerata la nostra esposizione al caro energia e la forte dipendenza dal gas naturale mettere un punto sul nucleare sarebbe un segnale strategico
Nucleare sì o no? Io dico sì (ma conta meno di zero). Capiamo l’ansia di buona parte dell’informazione per lo scontro su vicende come quella del torturatore libico – secondo la Corte penale internazionale – Almasri, l’ultra decennale conflitto politica-magistratura, le eterne ombre sui servizi segreti che fanno tanto romanzo ma una volta posata la polvere resterà solo la sensazione di un Paese economicamente fermo.
Spetta al governo decidere dove impegnare le proprie risorse materiali e politiche: scegliere la politica industriale, a nostro modesto avviso, resta la migliore opzione. Politica industriale significa anche politica energetica, in un Paese che a gennaio ha registrato un prezzo medio dell’elettricità di 143 euro al MWh.
A gennaio 2024 era di 99 euro al MWh, con un aumento del 44% in 12 mesi e differenze abissali con i Paesi nostri partner e concorrenti: +25% sulla Germania, +40 sulla Francia, +48 sulla Spagna, +226% (ma questa è solo una curiosità) rispetto agli scandinavi. Siamo molto più cari anche della Polonia, dove la tassazione delle imprese è quasi il 20% più bassa.
Quanti imprenditori potrebbero essere tentati di trasferire le proprie aziende, sommando meno costi e meno tasse? Uno sbilanciamento che potrebbe pesare per più di 10 miliardi sulla spesa di famiglie e industria italiana. Proprio quest’ultima lancia continui allarmi per l’insostenibilità dei costi, divenuta drammatica per ceramica, vetro o chimica.
La Spagna ha spinto moltissimo sulle fonti rinnovabili, la Germania sfrutta queste ultime con un grande apporto dell’eolico dal Mare del Nord ma al contempo non disdegna il carbone dopo aver detto addio al nucleare. La Francia notoriamente punta tutto sull’atomo.
Considerata la nostra esposizione al caro energia e la forte dipendenza dal gas naturale che finisce per determinare il 90% del costo dell’energia elettrica in Italia, mettere un punto sul futuro nucleare sarebbe un segnale strategico. Ci vuole coraggio ad affrontare l’opinione pubblica su un tema del genere, lo sappiamo bene, ma se non lo fa una maggioranza come questa, inattaccabile da un’opposizione sfilacciata e velleitaria, di fatto senza alcun rischio concreto che non sia quello degli autogol, chi lo potrà mai fare? Accontentarsi delle mezze misure e della navigazione sotto costa è uno spreco incredibile.
Non fosse il nucleare la risposta (ma il governo continua a ripetere che lo sia), allora ci si dica quale strada intraprendere. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato di voler “fare la storia”. Cioè l’esatto contrario del vivere alla giornata e delle tattiche dilatorie o degli argomenti di distrazione di massa a cui ci stiamo abituando e annoiando. Tornare al nucleare, dopo la scelta post-Chernobyl del 1987 sarebbe un segnale indiscutibilmente storico, ma solo se accompagnato da un crono programma certo e definito.
Di Fulvio Giuliani
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