Due settimane, due ponti (25 aprile e 1’ maggio) e c’è da giurarci che non faremo che parlare di code, di traffico, di hotel e ristoranti pieni, grazie al ciclo di turisti stranieri che affollano le nostre città d’arte e le località turistiche (nella foto, Napoli). Calcoleremo le file ai nostri musei, alle mostre e così andare.
In queste ore si chiude la settimana del Salone del Mobile di Milano e del Fuorisalone, un successo fragoroso ancor prima di conoscere i dati definitivi di un’edizione che ha segnato il ritorno in grande stile dei turisti e soprattutto dei compratori cinesi e indiani dopo la pandemia. Insomma, ci sono molti motivi per essere soddisfatti del peso e dell’immagine del nostro Paese all’estero (con o senza la Venere influencer) e della tenuta della sua macchina del turismo. Tutto questo senza mai dimenticare difficoltà e limiti di cui più volte ci siamo occupati anche in questi spazi.
Poi, ce l’Italia della grande fatica, dei weekend e dei viaggi che restano nel mondo dei sogni, come anche di una banale serata a mangiare la pizza con i figli. L’una non esclude l’altra, anzi. Dobbiamo parlare sempre più di quell’Italia luminosa e brillante, per conoscerla a fondo e studiare come renderla ancor più competitiva e attrattiva sui mercati internazionali. Così come l’Italia del disagio non solo non va oscurata e messa sotto il tappeto (operazione direttamente squallida), ma neppure usata come arma ideologica per narrare un’inesistente e ossessiva realtà della povertà diffusa e dilagante. Il tutto a vantaggio di una ben precisa propaganda politica, da talk e social. Prendetevi 30 secondi nel cuore di questo ponte e tornate con la memoria ai mesi passati a dover ascoltare dello sfascio imminente, della crisi epocale che ci avrebbe travolto: non è storia di decenni fa, ma della scorsa campagna elettorale. Un virus che si rimpallano maggioranza e opposizione, a seconda di chi occupi le relative caselle.
L’Italia è tutto ciò che abbiamo provato a sintetizzare, un organismo altamente complesso che è colpevolmente ingenuo cercare di semplificare in un paio di categorie (“ricchi” e “poveri”). Non sono canzonette e piangere a favore di telecamera non serve assolutamente a nulla.
Di Fulvio Giuliani
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