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Evitare la recessione percorrendo la via della crescita

Le forze politiche sembrano più a loro agio nel paventare la recessione che nel cercare la crescita. Eppure, le strade per dare nuovo slancio all’economia del nostro Paese ci sono, anche se non a tutti sembrano interessare.
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Evitare la recessione percorrendo la via della crescita

Le forze politiche sembrano più a loro agio nel paventare la recessione che nel cercare la crescita. Eppure, le strade per dare nuovo slancio all’economia del nostro Paese ci sono, anche se non a tutti sembrano interessare.
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Evitare la recessione percorrendo la via della crescita

Le forze politiche sembrano più a loro agio nel paventare la recessione che nel cercare la crescita. Eppure, le strade per dare nuovo slancio all’economia del nostro Paese ci sono, anche se non a tutti sembrano interessare.
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Le forze politiche sembrano più a loro agio nel paventare la recessione che nel cercare la crescita. Eppure, le strade per dare nuovo slancio all’economia del nostro Paese ci sono, anche se non a tutti sembrano interessare.
La recessione, più che essere uno spettro da cui fuggire, sembra essere una condizione gradita alle propagande politiche, più a loro agio con la sovvenzione che con la produzione. Per tanta parte della cultura politica italiana equidistribuire la miseria è ideale considerato più nobile rispetto al promuovere la ricchezza. I dati resi pubblici dal Fondo monetario internazionale dovrebbero essere una buona base per ragionare, non per piagnucolare. L’Italia è il solo Paese sviluppato per cui le previsioni sono state riviste al rialzo, per l’anno in corso. Segno che, nella prima parte dell’anno, non sono stati commessi errori. Hanno festeggiato facendo cadere il governo. Per il 2023 la previsione di crescita non solo si riduce, ma diventa la più bassa in Europa: 0,7%. La Germania dovrebbe arrivare allo 0,8%, che non è una grande differenza ma neanche una consolazione (piuttosto, il Regno Unito è posizionato allo 0,5%, alla faccia dell’affare Brexit). Crescere dello 0,7% non è recedere, ma è poco: è meno di quel che serve, come è anche la conseguenza del rialzo dei tassi d’interesse in un Paese troppo indebitato (i titoli tedeschi sono ridiscesi sotto l’1%, il che non porta bene ai nostri). Sarà il caso di ricordare che quel debito è un ostacolo alla crescita e un attentato alla sovranità. Sarebbe interessante che nei programmi elettorali si trovasse almeno un cenno al taglio della spesa pubblica improduttiva, se non altro per rendere meno prive di fondamento le promesse di sgravi fiscali e maggiori spese sociali. Da quegli stessi dati, però, riemerge quel che sappiamo da molto tempo: il mondo, nel suo complesso, continua a crescere: 3,2% quest’anno e 2,9% il prossimo. In recessione ci va la Russia, con -6% ora e -3,5% nel 2023. Prendano nota i devoti alla potenza russa e gli spiantati delle sanzioni che non funzionano. Se il mondo cresce l’ambiente è positivo per i Paesi esportatori. E noi lo siamo. Tutto sta a essere capaci non solo di usare i fondi europei, ma di farlo con il massimo profitto e la massima efficienza, superando pezzi indecenti di arretratezza interna. L’effetto moltiplicatore di ricchezza non è legato tanto alla loro spesa, ma al farlo puntando ad aumentare la produttività. Che sia un’occasione irripetibile sembra una frase fatta, ma a sentire tanta politica sembra ci si rassegni alla disfatta. Crescere si può eccome, mettendosi al passo e al vento del mondo che chiede i nostri prodotti. Il che comporta investire nella formazione, gettando alle ortiche la ridicolaggine di esami di Stato passati dal 99,9% dei candidati. Comporta aiutare chi ne è fuori a entrare nel mondo del lavoro, non a restarne fuori. Puntare a che le aziende abbiano margini per investire in innovazione, non solo per la contrattazione salariale. Ricordarsi che la sovranità è data dalla credibilità, non dalla sempre insufficiente prodigalità. Se cominciamo a dire che a 35 °C percepiti (da chi? come?) si smette di lavorare, anziché approntare pause e rinfresco, si perpetua l’idea che il lavoro sia una disgrazia e non una conquista (inoltre facendo finta di non sapere che in quei lavori all’aperto il tasso di irregolarità è alto, senza cassa integrazione e non seriamente contrastato). Il cantiere nel Pnrr non è solo la capacità di redigere progetti e dare loro attuazione nei tempi e nei modi stabiliti. Onestamente. È già molto, ma è solo una parte, perché il resto consiste nell’accompagnare quegli investimenti con i cambiamenti, con le necessarie riforme. Alcune realizzate, altre impostate, altre ancora da farsi. Accarezzare rendite e star dalla parte di chi vuol proteggere il proprio mercato impedendone la crescita è la ricetta sicura per il declino. La maledizione dei riformisti è di doversela vedere da soli contro corporazioni e rendite, nel mentre i massimalisti son lì a lamentare che non è mai abbastanza. Questa trappola ci inchioda da trent’anni. Invece crescere si può, si deve ed è la sola cosa socialmente sana che possa farsi. Di Davide Giacalone

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