app-menu Social mobile

Skip to main content
Scarica e leggi gratis su app

Strutturale

Il Piano strutturale di Bilancio, varato nei giorni scorsi dal governo in sede europea, per far quadrare i conti ma anche per la convergenza strutturale di tutti i Paesi Ue

|

Strutturale

Il Piano strutturale di Bilancio, varato nei giorni scorsi dal governo in sede europea, per far quadrare i conti ma anche per la convergenza strutturale di tutti i Paesi Ue

|

Strutturale

Il Piano strutturale di Bilancio, varato nei giorni scorsi dal governo in sede europea, per far quadrare i conti ma anche per la convergenza strutturale di tutti i Paesi Ue

|
|

Il Piano strutturale di Bilancio, varato nei giorni scorsi dal governo in sede europea, per far quadrare i conti ma anche per la convergenza strutturale di tutti i Paesi Ue

Il governo ha varato nei giorni scorsi il Piano strutturale di bilancio, così denominato in sede europea – con la modifica dei vincoli negoziata e condivisa dal governo italiano attualmente in carica – proprio a significarne l’ambizione: non solo far quadrare i conti di un anno, ma puntare alla convergenza strutturale di tutti i bilanci dei Paesi europei, in modo da rendere più forte e pieno il mercato aperto e comune. Quel che ieri il governo ha licenziato deve ancora essere presentato alla Commissione europea, ma si spera che vi sia stata la saggezza di concordarne i termini. Non di meno quel piano può ben definirsi pluriennale, ma non ha lo spessore strutturale annunciato dalla denominazione.

Le difficoltà sono oggettive, ma i ritardi anche. Il fatto che, dopo due anni di governo si sia ancora alla richiesta, Ministero per Ministero, di limitare la spesa è segno che nulla è stato approntato sul fronte della sua riqualificazione e revisione. Questo è l’ennesimo governo che fallisce – almeno fin qui – su quel fronte, a dimostrazione di politiche con il fiato e la visione corta, tutte concentrate sui saldi (che sono importanti) ma senza capacità di entrare nella composizione della spesa. Del resto, a leggere i numeri forniti dal governo, gli stessi saldi sono (o sarebbero) assicurati da un aumento del gettito fiscale, quindi ancora una volta con un coinvolgimento marginale della spesa. Che è previsto possa crescere dell’1,5% medio l’anno nei sette anni, quindi meno dell’inflazione prevista e realizzando in questo modo una contrazione del valore reale della spesa. Non la modalità più efficace e lungimirante.

Il rapporto fra il debito e il Pil, in discesa negli anni del governo Draghi e nel 2023, riprende invece a salire e potrebbe ridursi a partire dal 2027. Brutta botta alla credibilità dei conti italiani, in gran parte derivata dalla spesa dissennata relativa al bonus 110%. Colpa degli altri? No, colpa condivisa, visto che fu varato dal governo Conte con il Pd e con le opposizioni di allora che poi si dedicarono a chiederne il prolungamento e ampliamento. Dissennatezza onerosa.

I conti si basano su una stima di crescita, per l’anno in corso, dell’1%. Da una parte è meno di quel che il governo stesso aveva prima previsto, ma dall’altra è più di quel che prevedono altri soggetti, a cominciare dalla Banca d’Italia. Non è una battaglia per maniaci degli zerovirgola, è che fermarsi allo 0,8% comporterebbe veder salire il peso del deficit e del debito, rendendo strutturale il maggiore squilibrio e non il percorso di rientro che, del resto, prevede un deficit al di sotto del 3% solo nel 2026. È appena il caso di ricordare che un Paese con un debito patologico dovrebbe far avanzi e non deficit.

Impossibile? Dipende anche dalla qualità della spesa. OpenEconomics ha calcolato che i 21,1 miliardi del Pnrr spesi nel 2023 hanno generato prodotto interno lordo per 49,6 miliardi ed entrate fiscali per 15,1. Se i soldi si investono assennatamente, anziché buttarli in bonus e superbonus, i risultati arrivano.

A proposito di bonus, da questa prima pagina si è calorosamente plaudito alle parole della presidente del Consiglio, secondo cui era da considerarsi finita la loro (troppo lunga) stagione. Basta, si torna alla serietà e la si fa finita con l’imbroglio-illusione che lo Stato possa regalare soldi senza che questi abbiano un costo collettivo. Non avevamo ancora finito di spellarci le mani che un altro bonus è sorto all’orizzonte del raggiro, denominato – a seconda dei gusti – “Natale”, “Befana” o “tredicesima”.

Il nuovo arrivato, per giunta, è stato concepito alla luce dell’annuncio smentito in partenza, perché non soltanto sarà destinato solo ad alcuni, selezionati secondo criteri a dir poco discutibili, non soltanto sarà poca roba e complessivamente influente solo per quel che costa e non per quel che beneficia, ma sarà elargito soltanto su richiesta. Nella non segreta speranza che non tutti gli aventi diritto lo chiedano. E no, non è un buon modo di procedere.

di Davide Giacalone

La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!

Leggi anche

Tavares in Parlamento e tante parole

12 Ottobre 2024
L’ad del gruppo Stellantis, Carlo Tavares, ha accettato di farsi processare ieri, perché la cond…

Finita l’era dei pavoni blu

11 Ottobre 2024
Entro l’approvazione dei bilanci 2024 assisteremo alla sostituzione dei ceo di molte imprese e b…

Salvare monumenti, sì al numero chiuso

09 Ottobre 2024
Dopo Venezia, ora tocca alla Fontana di Trevi diventare a numero chiuso durante il Giubileo: una…

Roma alla vigilia del Giubileo e il flop del Codice identificativo numerico

04 Ottobre 2024
Chiunque sia stato a Roma di recente conosce i disagi legati all’imminente Giubileo, l’Anno sant…

LEGGI GRATIS La Ragione

GUARDA i nostri video

ASCOLTA i nostri podcast

REGISTRATI / ACCEDI