Superbonus, truffa 2023
Superbonus, truffa 2023
Superbonus, truffa 2023
Totò, in “Totò Truffa”, vende la Fontana di Trevi al danaroso pollo italo-americano, sfruttando il ‘palo’ Peppino De Filippo, finto concorrente nel “bisinìss” proposto dal principe della risata. Generazioni di italiani hanno riso all’idea di poter vendere uno dei più importanti monumenti al mondo. Non fa per niente ridere, invece, che in Italia sessant’anni dopo siamo ancora alla vendita della Fontana di Trevi. Come altrimenti descrivere ciò che è emerso solo negli ultimi giorni? Un numero non ancora ben precisato di imprese edilizie (sedicenti tali, s’intende) sono state create con il solo scopo di accumulare i crediti di imposta derivati dei vari superbonus, bonus facciata e di varia natura. Le aziende-truffa erano intestate a persone senza fissa dimora, percettori del reddito di cittadinanza, trapassati, carcerati e chi più ne ha più ne metta. Siamo evidentemente ben oltre “La banda degli onesti”, altro storico film in cui Totò e Peppino stampano banconote, senza trovare il coraggio di provare a spacciare neppure una di quelle iconiche 10mile lire.
Oltre questa truffa per così dire di “primo livello”, il commercialista Christian Dominici – specializzato nella gestione dei crediti fiscali e Iva e che un anno fa su queste pagine denunciò i rischi connessi al superbonus– sottolinea altri pericoli: «C’è il secondo livello di truffa, quello delle sovrafatturazioni: soprattutto per il bonus facciate non erano previsti prezzari di riferimento e molte aziende disoneste hanno sovrafatturato per aumentare fraudolentemente il credito tributario a loro favore. C’è poi un terzo rischio anche a carico dei contribuenti seri truffati da imprese scorrette. In questi casi, per esempio, il bonus potrebbe essere totalmente disconosciuto perché le imprese hanno utilizzato prodotti, impianti, infissi o materiali che non consentirebbero la corretta riduzione di due classi energetiche come richiesto dal bonus 110%». E non finisce qui. «Attenzione – sottolinea ancora Dominici – a un comportamento riscontrato proprio negli ultimi giorni: molte imprese edilizie scorrette stanno richiedendo acconti ai condomini per poter iniziare i lavori, sostenendo che la cessione dei bonus è ripartita verso le banche. Invitiamo a non aderire a queste richieste nemmeno se garantite da presunte fideiussioni, perché in questa condizione di mercato il prodotto non ha più i requisiti per entrare nel portafoglio delle banche cessionarie (troppe frodi e troppi cambiamenti normativi) ed è molto probabile che gli acconti versati oggi non si rivedano più».
La vera mega-truffa che si consuma giorno dopo giorno è quella ai danni del contribuente onesto e delle imprese edilizie sane. Ad alcune si potrà magari imputare di aver scommesso troppo su una misura come il superbonus, ma pur sempre legge dello Stato. Tutto perché – manco fossimo nel 1961 e nel 1956, anni dei due film citati – in Italia è ancora possibile che un nullatenente, un detenuto o chi abbia ottenuto il reddito cittadinanza (magari senza averne diritto) possa essere serenamente titolare di una impresa edile con commesse per milioni di euro. Perché in piena era digitale (nel tempo della connessione perenne, dello scambio in tempo reale di ogni informazione) le banche dati non si parlano fra loro. Così non scattano alert, nessuno è spinto a porsi domande di assoluta banalità, che ai tempi di un altro personaggio immortale di Totò – il dipendente del catasto con tanto di manicotti – qualcuno si sarebbe fatto consultando i libroni scritti a mano. Nell’Italia di oggi, che si racconta digitale, assistiamo allo show perenne delle truffe più fantasiose e apparentemente improbabili. Quanto al reddito di cittadinanza, la casistica ha sfondato da tempo il piano del ridicolo. Da anni ci deliziamo con finti invalidi, finti percettori, finti a babbo morto sulle spalle del contribuente onesto. Che sempre più spesso ha la sensazione di essere fesso e basta, come il povero Decio Cavallo raggirato da Totò.
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