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Tavares in Parlamento e tante parole

L’ad del gruppo Stellantis, Carlo Tavares, ha accettato di farsi processare ieri, perché la condizione della fu Fiat nel nostro Paese è arrivata ben oltre il livello di guardia

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Tavares in Parlamento e tante parole

L’ad del gruppo Stellantis, Carlo Tavares, ha accettato di farsi processare ieri, perché la condizione della fu Fiat nel nostro Paese è arrivata ben oltre il livello di guardia

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Tavares in Parlamento e tante parole

L’ad del gruppo Stellantis, Carlo Tavares, ha accettato di farsi processare ieri, perché la condizione della fu Fiat nel nostro Paese è arrivata ben oltre il livello di guardia

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L’ad del gruppo Stellantis, Carlo Tavares, ha accettato di farsi processare ieri, perché la condizione della fu Fiat nel nostro Paese è arrivata ben oltre il livello di guardia

Ne ho scritto sulla prima de La Ragione senza aspettare la prevedibile ordalia politica. Forse è il caso di farsi domande radicali.

L’amministratore delegato del gruppo Stellantis Carlos Tavares ha accettato di farsi ‘processare’ ieri, dalle Commissioni Industria del Senato e Attività produttive della Camera, perché la condizione della fu Fiat nel nostro Paese è arrivata ben oltre il livello di guardia. Le rassicurazioni di routine sul futuro degli stabilimenti italiani sono ormai un vuoto rumore di fondo, di fronte alla crudezza di numeri impietosi sul livello di produzione di auto.

Non a caso, prima ancora (sgarbo non necessario) di incontrare i parlamentari, Tavares ha comunicato ai sindacati l’anticipo dell’avvio della produzione della 500 ibrida a Mirafiori e confermato che l’ormai mitologica Gigafactory di Termoli «si farà». Non chiedete però delle date su quando potrebbe diventare operativa la fabbrica delle batterie per i veicoli elettrici: Tavares non ve le darà, «per la paura di dare il via a uno stabilimento basato su tecnologie obsolete».

Pannicelli caldi. Quello che spaventa è la mancanza di un’idea, di una strategia, di un futuro delineato in modo credibile e sostenibile. Durante l’audizione il ceo di Stellantis ha chiesto stabilità normativa e su questo siamo tutti d’accordo. Ha poi indicato in un 40% in più il costo della produzione in Italia rispetto ad altri Paesi come la Spagna, aggiungendo di non sapere da dove nasca questo 40%. Posto che se realmente non lo dovesse sapere dovrebbe dimettersi domani, il messaggio al Parlamento italiano è chiaro: o ci tagliate i costi o ci date soldi.

Nel frattempo è proprio Tavares a essersi inchiodato alle sue parole, perché fu lui a prospettare un milione di auto prodotte entro il 2030 da Stellantis in Italia. Nel 2023 si è precipitati a 521.842 vetture uscite dalle linee (752.122 con i veicoli commerciali). Sta andando peggio nel 2024, con stime catastrofiche che arrivano fra gennaio e settembre alla miseria di 387.600 vetture prodotte.

È del tutto evidente come il problema non possa essere la fonte dei numeri o l’interpretazione ma il balletto di promesse regolarmente disattese. Il dramma industriale è non sapere cosa fare. Tavares ha ripetuto di non avere dubbi sulla sostenibilità del programma basato sulle norme europee e sugli step legati alla riduzione delle emissioni inquinanti, compreso il temuto bando ai motori endotermici del 2035. Senza dare la sensazione di avere un programma per dare sostanza alle parole. A parte chiedere soldi del contribuente.

Problema nel problema, il ceo è in uscita nel 2026 ma potrebbe non reggere. Insomma, è entrato in quello scivolo durante il quale il peso politico e industriale delle sue parole tende verso lo zero. Converrebbe forse chiudere la pratica della sostituzione di Tavares, per dare una scossa all’ambiente (metafora calcistica voluta) e mettersi a lavorare sull’unica cosa che conti: un piano industriale.

di Fulvio Giuliani

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