Amministrative, il centrodestra stravince
Le ultime amministrative e relativi risultati mostrano un quadro complesso della situazione politica italiana. Proviamo a fare chiarezza
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Le ultime amministrative e relativi risultati mostrano un quadro complesso della situazione politica italiana. Proviamo a fare chiarezza
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Le ultime amministrative e relativi risultati mostrano un quadro complesso della situazione politica italiana. Proviamo a fare chiarezza
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Le ultime amministrative e relativi risultati mostrano un quadro complesso della situazione politica italiana. Proviamo a fare chiarezza
A votare gli elettori non ci vanno quasi più e men che mai ai ballottaggi, ma in fondo non interessa a nessuno. Qualche giaculatoria malinconica e via al prossimo giro. Le urne del mini turno amministrativo sorridono al centrodestra ma, da Vicenza a Trapani, addolciscono anche un po’ di palati a sinistra.
Il tutto per dire che non è da quel versante che Giorgia Meloni deve aspettarsi sommovimenti o sgradite sorprese. Anzi: volendo provare ad allungare lo sguardo si può azzardare che neppure il tornante delle Europee del prossimo anno, da molti considerate alla stregua di un’ordalia o di uno spartiacque per la legislatura, minaccia di provocare un testacoda alla presidente del Consiglio. Intanto perché quello europeo è sempre risultato un voto diciamo in libera uscita, con il quale gli italiani esprimono desideri e non indicazioni strategiche. Ne sanno qualcosa Renzi e il suo 41% o Salvini e il 34% del pre Papetee: chimere per sognare in grande, presto o tardi triturate dal confronto con la realtà.
Insomma la verità è che Meloni gode di una contingenza ultra favorevole e difficilmente scalfibile dalla roulette delle urne. Inoltre anche gli equilibrismi di Palazzo le vanno incontro. E infatti sulle riforme la presidente del Consiglio può contare sul gioco di sponda con il Terzo polo e, dulcis in fundo, anche sulla sintonia con Salvini, sempre più mister “vorrei ma non posso”. Mentre per quel che riguarda le postazioni di sottogoverno e sottopotere può far leva, sussiegosamente ricambiata, sulla disponibilità di Giuseppe Conte, strangolato dall’obbligo di dimostrare esistenza in vita politica e capitalizzare poltrone a fronte di sfuggenti percentuali di consenso.
Bene. O meglio: non proprio. Perché laddove la Signora di Palazzo Chigi non riceve alcuna sponda è sul Pnrr, sulla discesa del debito, sulla messa in sicurezza dei conti e del territorio, sul carovita crescente e sulla transizione ecologica da inverare. Un teorema al tempo stesso semplice e inquietante. Cioè che i ghirigori per gestire le regole del gioco e gli arabeschi dei voti in aula sono una cosa; l’azione di governo e la capacità di sanare i mali storici del Paese sono tutt’altra.
Sulla sfida per governare un Paese complicato come l’Italia, con le emergenze da superare e gli scogli della mancata crescita da evitare, la Meloni balla e ballerà da sola. Con due argini obbligati. Primo: pensare di giocarsela sul Pnrr in un solipsistico testa a testa con la Ue è progetto tanto ambizioso quanto velleitario. Secondo: provare a coinvolgere le opposizioni o anche soltanto una parte di esse nelle decisioni e allocazioni di risorse minaccia di lesionare la sua leadership, con effetti dirompenti dentro la sua poco coesa maggioranza.
Giostrare a fare La Donna Sola al Comando può inebriare finché gli dei dell’orgoglio non ti obnubilano: poi da lì si comincia a rotolare. Servirebbero alleati, ma in giro ci sono solo parenti-serpenti.
di Carlo Fusi
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