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Consiglio europeo, recitare la parte di Calimero non porta bene

Il Consiglio europeo comincia oggi. Una sola cosa può danneggiare l’Italia: la paura d’avere paura di alleati interni che sono pronti a colpire

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Consiglio europeo, recitare la parte di Calimero non porta bene

Il Consiglio europeo comincia oggi. Una sola cosa può danneggiare l’Italia: la paura d’avere paura di alleati interni che sono pronti a colpire

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Consiglio europeo, recitare la parte di Calimero non porta bene

Il Consiglio europeo comincia oggi. Una sola cosa può danneggiare l’Italia: la paura d’avere paura di alleati interni che sono pronti a colpire

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Il Consiglio europeo comincia oggi. Una sola cosa può danneggiare l’Italia: la paura d’avere paura di alleati interni che sono pronti a colpire

Recitare la parte di Calimero non porta bene, specie quando si contesta ad altri governi europei di avere perso le elezioni (ma erano europee) e poi non si riesce a fare un passo in avanti perché si teme l’attacco che verrebbe dall’interno della propria maggioranza. Guardiamo la sostanza, che rende ancora meno razionale quel che succede.

La presidente del Consiglio contesta, alla preparazione dell’odierno Consiglio europeo, di non avere tenuto conto dei risultati elettorali e quindi della volontà dei cittadini. Ma la maggioranza, al Parlamento europeo, era ed è imperniata sulla compartecipazione di popolari, socialisti e liberali. Non per volontà divina o nazionale, ma per risultato elettorale. Tale maggioranza può allargarsi, ma non può essere sostituita perché non ce ne sono né i numeri né le condizioni politiche. La scelta che spetta a ciascun gruppo parlamentare è stabilire se partecipare o fare l’opposizione. La scelta che spetta a ciascun Paese dell’Unione è stabilire se intende esserci o escludersi. Il resto è fuffa.

L’indicazione della maggioranza, per quel che riguarda la presidenza della Commissione, è su Ursula von der Leyen. Spetterà al Parlamento confermarla o meno, ma si tratta della conferma dell’uscente. Da quando il governo Meloni è nato non solo la collaborazione fra autorità nazionali e dell’Unione è stata ottima, ma il rapporto personale fra le due presidenti è sembrato a tratti idilliaco. Talmente buono che a von der Leyen è stato anche rimproverato, come anche la costante presenza in Italia. Cosa si chiede a von der Leyen, di non accettare i voti socialisti? Non ha alcun senso, specie se si citano i risultati elettorali. Si chiede di far parte della maggioranza? Prego, ci si accomodi, ma non con la corte dei miracoli di nazionalisti in rotta fra di loro. Le destre sono spaccate e pronte ad azzannarsi, non sarà recitare la calimerata a cambiare le cose.

Kaja Kallas è una liberale lettone che s’è spesa sulla medesima linea del governo italiano: sempre al fianco dell’Ucraina (fin quando necessario) e ferma condanna di Putin. Che deve fare, mediare al posto di Meloni con i putiniani che sono al governo in Italia? Antonio Costa è socialista, ma – a parte la simpatia che desta l’avere dato le dimissioni per un’inchiesta giudiziaria che riguardava un omonimo – è stato un governante che ha sanato le finanze del Portogallo nel mentre lo faceva crescere. Ad avercene, di socialisti così.

L’Italia vuole un commissario di peso. Giusto, bello, ma non è pestando i piedi che farà un buon affare. Perché è la sostanza a prevalere. Abbiamo tre interessi sopra a tutti gli altri: 1. che i sostegni finanziari al sistema produttivo non siano generati su base nazionale, ma come politica dell’Unione (altrimenti saremmo quelli che hanno meno margine per aiutare i nostri produttori); 2. far progredire le scelte di indebitamento comune, adottate nella scorsa legislatura europea – quindi la menata del «Tutto burocrazia» è una parola d’ordine che sa di vecchio e di falso – e difendere il troppo alto debito pubblico da sempre possibili speculazioni (nel mentre, per motivi ottusamente ideologici, si continua a tenere fermo il Mes a salvaguardia dei depositi bancari); 3. considerare ciascun immigrato irregolare, da ovunque sia passato, un problema dell’Unione e ciascun centimetro di confine esterno un confine dell’Unione.

Il problema è che tutti e tre questi vitali interessi nazionali spingono l’Italia a reclamare maggiore integrazione europea, nel mentre una parte dei governanti italiani spingono in direzione opposta. Questo problema lo deve affrontare e risolvere Meloni. Non solo perché è infantile sperare che lo risolva von der Leyen, ma perché anche solo supporre di chiedere ad altri di occuparsene equivale a minare la sovranità nazionale. Che per chi partì sovranista sarebbe davvero una strana sorte.

Il Consiglio europeo comincia oggi. Una sola cosa può danneggiare l’Italia: la paura d’avere paura di alleati interni che sono pronti a colpire.

di Davide Giacalone

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